Quasi
19 marzo - 19 aprile 2019 (Art Corner)
Mostra fotografica di Chiara Romanini (La.Valse)
Inaugurazione martedì 19 marzo, ore 17
È una sorta di storia metafisica e insieme concretissima, anzi puramente corporea, quella delineata da Chiara Romanini attraverso le sue fotografie; una storia che potrebbe intitolarsi: scene dalla vicissitudine terrena dell’anima.
Un’unica figura abita e transita in queste scene, circondata da un panorama scarno. Chi è? Come individuarla? Quale nome conferirle? La sua vicenda assomiglia a quella di una figura atavica, quasi archetipica, che risale dal nostro inconscio, destinata a riprodursi in immagini sempre nuove, innumerevoli: quella dell’anima-ninfa.
Dell’anima-ninfa questa figura ha le vesti, destinate a cadere a terra, a farsi stracci ritorti, a sparire, lasciando la nuda anima sperdersi nel paesaggio naturale. L’inseparabilità di ninfa e velo è allo stesso tempo costitutiva e labile: è il velo che sempre segue la ninfa, ma a volte della ninfa non rimane che il velo, gettato incurantemente su una sedia. (Susanna Mati)
L’obiettivo di Chiara Romanini non circoscrive luoghi o persone né ha la pretesa di esaurirne le valenze simboliche. Si affaccia piuttosto ai margini di una scena e da qui lambisce le nervature dell’esistere, percorrendo ombre, catturando vibrazioni.
Al pari di un organismo la macchina fotografica diviene strumento sensitivo, proiezione epidermica e mentale che asseconda una realtà frammentata, sfuggente, di cui coglie profili, pieghe, riflessi. Nei suoi autoscatti non desidera semplicemente sondare le possibilità di ritrarre la propria figura né raccontare gli oggetti che con lei dialogano ma aspira a restituire forme pure, apparizioni in attesa di liberarsi. Questa donna-crisalide inquadrata da una finestra, sbocciata in un groviglio di vegetazione, disegnata da un tempo che vorrebbe sconfessare se stesso, celebrata nella decadenza di ambienti in abbandono dove si aggira con le vesti di sposa irrituale, accenna a una vaghezza da esuli, statua in un limbo di memorie trascese. (Claudia Ciardi)
Sono nata a Parma nel 1973 e, dopo un breve periodo a Bologna, mi sono trasferita per caso a Pistoia ma dove sono rimasta per scelta in virtù del respiro del tempo a dimensione umana.
Per le immagini di questa mostra mi sono ispirata alla poesia Quasi del poeta portoghese Mário de Sá-Carneiro e in particolare a questi versi:
Quasi l’amore, quasi il trionfo e la fiamma,
quasi il principio e la fine – quasi l’espansione…
ma nella mia anima tutto si espande…
Intanto nulla è stato solo illusione! *
Tutto infatti nella vita è incompiuto, niente corrisponde pienamente a quanto vorremmo, e questa mancanza (ben espressa nella struggente espressione della scultrice Camille Claudel: «c’è sempre qualcosa di assente che mi tormenta l’animo») ho avuto l’ambizione di rappresentarla in questi scatti nei quali l’abito vuoto resta come statua falsa a testimoniare del corpo e dell’anima che lo abitarono e sono poi migrati nel tentativo di cercare altrove quell’irraggiungibile compiutezza, l’assoluto a cui tutti aneliamo. Firmo le mie foto con la sigla La.Valse (dal titolo della celebre scultura di Camille Claudel), non solo per affinità al suo doloroso sentire, ma anche per ricordare a me stessa che quello che facciamo, anche se avesse un soffio di bellezza, a cui sempre tendiamo, ha la caducità di un giro di valzer, esattamente quello della nostra breve esistenza. (Chiara Romanini)
* Dal volumetto Quasi, e altre poesie, traduzione di Alessandro Ghignoli, Edizioni Via del Vento, Pistoia.
Nell'ambito delle iniziative per Matera Capitale della cultura 2019, l'artista ha inaugurato al MEC, Museo Emozionale di Craco, presso il Convento di San Pietro, la mostra fotografica Voci di pietra, che resterà aperta fino al 31 ottobre 2019.
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Ultimo aggiornamento mercoledì, 19 aprile 2023
19 marzo - 19 aprile 2019 (Art Corner)
Mostra fotografica di Chiara Romanini (La.Valse)
Inaugurazione martedì 19 marzo, ore 17
È una sorta di storia metafisica e insieme concretissima, anzi puramente corporea, quella delineata da Chiara Romanini attraverso le sue fotografie; una storia che potrebbe intitolarsi: scene dalla vicissitudine terrena dell’anima.
Un’unica figura abita e transita in queste scene, circondata da un panorama scarno. Chi è? Come individuarla? Quale nome conferirle? La sua vicenda assomiglia a quella di una figura atavica, quasi archetipica, che risale dal nostro inconscio, destinata a riprodursi in immagini sempre nuove, innumerevoli: quella dell’anima-ninfa.
Dell’anima-ninfa questa figura ha le vesti, destinate a cadere a terra, a farsi stracci ritorti, a sparire, lasciando la nuda anima sperdersi nel paesaggio naturale. L’inseparabilità di ninfa e velo è allo stesso tempo costitutiva e labile: è il velo che sempre segue la ninfa, ma a volte della ninfa non rimane che il velo, gettato incurantemente su una sedia. (Susanna Mati)
L’obiettivo di Chiara Romanini non circoscrive luoghi o persone né ha la pretesa di esaurirne le valenze simboliche. Si affaccia piuttosto ai margini di una scena e da qui lambisce le nervature dell’esistere, percorrendo ombre, catturando vibrazioni.
Al pari di un organismo la macchina fotografica diviene strumento sensitivo, proiezione epidermica e mentale che asseconda una realtà frammentata, sfuggente, di cui coglie profili, pieghe, riflessi. Nei suoi autoscatti non desidera semplicemente sondare le possibilità di ritrarre la propria figura né raccontare gli oggetti che con lei dialogano ma aspira a restituire forme pure, apparizioni in attesa di liberarsi. Questa donna-crisalide inquadrata da una finestra, sbocciata in un groviglio di vegetazione, disegnata da un tempo che vorrebbe sconfessare se stesso, celebrata nella decadenza di ambienti in abbandono dove si aggira con le vesti di sposa irrituale, accenna a una vaghezza da esuli, statua in un limbo di memorie trascese. (Claudia Ciardi)
Sono nata a Parma nel 1973 e, dopo un breve periodo a Bologna, mi sono trasferita per caso a Pistoia ma dove sono rimasta per scelta in virtù del respiro del tempo a dimensione umana.
Per le immagini di questa mostra mi sono ispirata alla poesia Quasi del poeta portoghese Mário de Sá-Carneiro e in particolare a questi versi:
Quasi l’amore, quasi il trionfo e la fiamma,
quasi il principio e la fine – quasi l’espansione…
ma nella mia anima tutto si espande…
Intanto nulla è stato solo illusione! *
Tutto infatti nella vita è incompiuto, niente corrisponde pienamente a quanto vorremmo, e questa mancanza (ben espressa nella struggente espressione della scultrice Camille Claudel: «c’è sempre qualcosa di assente che mi tormenta l’animo») ho avuto l’ambizione di rappresentarla in questi scatti nei quali l’abito vuoto resta come statua falsa a testimoniare del corpo e dell’anima che lo abitarono e sono poi migrati nel tentativo di cercare altrove quell’irraggiungibile compiutezza, l’assoluto a cui tutti aneliamo. Firmo le mie foto con la sigla La.Valse (dal titolo della celebre scultura di Camille Claudel), non solo per affinità al suo doloroso sentire, ma anche per ricordare a me stessa che quello che facciamo, anche se avesse un soffio di bellezza, a cui sempre tendiamo, ha la caducità di un giro di valzer, esattamente quello della nostra breve esistenza. (Chiara Romanini)
* Dal volumetto Quasi, e altre poesie, traduzione di Alessandro Ghignoli, Edizioni Via del Vento, Pistoia.
Nell'ambito delle iniziative per Matera Capitale della cultura 2019, l'artista ha inaugurato al MEC, Museo Emozionale di Craco, presso il Convento di San Pietro, la mostra fotografica Voci di pietra, che resterà aperta fino al 31 ottobre 2019.
- Ultimo aggiornamento mercoledì, 19 aprile 2023