Biblioteca San Giorgio, Pistoia


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Manifesti d'artista

 

luglio - agosto 2019 - Spazio espositivo

Opere della Collezione Fabiani Montecatini Terme
A cura di Fabio De Poli e Andrea Rauch

È un luogo comune, abbastanza largamente diffuso, che gli artisti non sappiano fare i manifesti. Luogo comune diffuso ma, a volte, ingeneroso. Perché, se è vero che il mondo dell’arte è spesso autoreferenziale e tende sempre a privilegiare il fatto visivo (leggi, l’immagine) sulla comunicazione, è anche vero che può succedere che il campo iconico del manifesto e quello verbale, tipografico, si fondano in un ‘unicum’ che appaghi sia il senso estetico che quello progettuale e comunicativo.

In questa mostra di manifesti, che provengono tutti dalla Collezione Fabiani di Montecatini e che occupano uno spazio temporale che si spinge dagli anni ‘50 ai ‘70 dello scorso secolo, i due campi di riferimento citati, quello “artistico” e quello tipografico, quasi sempre sono rispettati e creano, con il loro giustapporsi, uno spazio unico che rende quegli artefatti non solo esteticamente rilevanti, ma anche progettualmente equilibrati.

Bella forza, si dirà. Facile con Braque, Mirò, Picasso, e facile anche perché i titolari delle iniziative (in genere mostre) sono nomi mitici nel mondo del collezionismo d’arte, quali la Galleria Maeght di Parigi e Saint Paul de Vence, o Il Naviglio di Milano, che, nella loro storia, hanno riservato una cura particolare al nitore della comunicazione. O facile anche perché tra i manifesti della collezione hanno posto anche tre bei poster disegnati per il Festival dei due mondi di Spoleto da Saul Steinberg, Ben Shahn e Richard Lindner, tre nomi che sono cari sia al mondo dell’arte che a quello della grafica e dell’illustrazione, e che testimoniano quanto, in fondo, la comunicazione “commerciale” possa essere “arte”. E il Naviglio presenta anche l’opera di Enzo Mari, nome che ancor oggi, ha significati importanti nel mondo italiano del design e della cultura del progetto.

Poi il discorso non può né deve limitarsi al solo artefatto-manifesto, perché in mostra si presentano anche le tirature “d’arte”, dei grandi maestri, con gli straordinari album pubblicati, negli anni, dalla Galleria Maeght. Veri e propri libri d’artista dove all’eccellenza della pittura si somma la qualità della stampa litografica e dell’incisione. Opere d’arte compositiva e tipografica, dunque, per bibliofili attenti e raffinati ‘gourmet’ del libro.

Il percorso che viene esposto è tutto dentro quella “riproducibilità tecnica” di cui aveva parlato Walter Benjamin alla metà degli anni ‘30: è un percorso che sgomita ed esce dal mondo ristretto degli esperti e degli storici dell’arte, e si offre, impudicamente, allo sguardo e all’attenzione di tutti.

Un percorso che non sa se privilegiare il fatto comunicativo o quello estetico e che, proprio in questa meravigliosa ambiguità, trova il momento più alto e la ragion d’essere. (Andrea Rauch)

 

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