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Il giardino delle delizie, di Cristina Palandri

 

Cerimonia di donazione dell'opera "Il giardino delle delizie" di Cristina Palandri alla Biblioteca San Giorgio.
L'opera sarà collocata nella sala Mediateca

Sabato 12 aprile 2014, ore 10.30 - Auditorium Terzani

Saluti di Elena Becheri, Assessore alla cultura del Comune di Pistoia

Intervengono: Maria Stella Rasetti e Siliano Simoncini

A seguire, rinfresco gentilmente offerto dagli

 

Invito
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L’opera di Cristina Palandri faceva parte di una mostra dedicata al tema della Pace che si è tenuta nel  2004 nelle Sale Affrescate del Palazzo Comunale di Pistoia,  e quindi la sua funzione era essenzialmente quella di interpretare un episodio di quel percorso espositivo. Un percorso educativo dal forte impatto sociale, risolto tramite singole unità in rapporto euritmico con l’insieme. Il tutto era concepito come una vera e propria allegoria/catartica inerente al tema della pace: dalla metafora della caduta del Sole, fino all’ascesa dell’umanità per raggiungere l’appagamento compensatorio nel Giardino delle delizie.

Anche se isolato dal resto, il trittico sistemato in biblioteca non cambia per nulla il suo significato, anzi ne riassume la totalità perché focalizza l’assunto fondamentale: per avere una vera pace, bisogna darle un’anima. Anima della pace è l’amore (Papa PaoloVI).

Detto questo, si comprenderà meglio come l'artista abbia parafrasato il concetto interpretato magistralmente da Bosch con il proprio trittico; non più Giardino delle delizie come luogo dei piaceri terreni posto tra eletti e dannati ma luogo delle opportunità salvifiche.

Cristina Palandri ha affinato una capacità tecnica nell’usare il pigmento a olio o a tempera acrilica davvero impeccabile. I soggetti dei quadri che l’artista ha sempre affrontato - simbolici “racconti” di vita familiare (l’infanzia), disagio sociale, crisi d’identità, case dei poeti - hanno l’inderogabile necessità (almeno per lei) di essere resi immediatamente “leggibili” sul piano formale, e affettivamente intriganti, per cui la scelta di esprimersi tramite un figurativo più fiabesco che realistico, rende il suo immaginario visivo magicamente attraente. Le sfumature, i contrasti luminosi, la ricchezza cromatica, il modellato pittorico rafforzato da interventi grafici, costituiscono la peculiare risorsa tecnica che qualifica il risultato sul piano percettivo.

In merito alla composizione del trittico possiamo notare come opportunamente le parti, pur leggibili in maniera distinta, di fatto, costituiscono un’immagine continua. Il mondo immaginato dall'artista è quello tipico dell’illustrazione fantastica e sognata: i precedenti illustri sono da ritrovarsi nella pittura surrealista e più, in quella naive di Henry Rousseau. L’insieme, quindi, non rispecchia i codici della convenzionalità compositiva, ma ne “altera” il sistema ordinato e prospetticamente corretto, per dar vita a un insieme dal forte esito “organico” proprio perché i dossi collinari, le piattaforme, gli alberi, che possiamo vedere rappresentati, fluttuano come se fossero degli “esseri viventi”. Gli andamenti lineari che ne derivano danno luogo a una composizione ondeggiante e quindi, simbolicamente instabile.

Quale interpretazione possiamo dare del soggetto rappresentato dall'artista?  Parlerei della raffigurazione del cammino che l'umanità deve affrontrare per innalzarsi verso l’Amore. I beni terreni sono identificabili simbolicamente nel caleidoscopio di frammentazioni cromatiche del dosso posto in primo piano, e tendenti a dissolversi (dovremmo liberarcene), in quelli successivi per mezzo dell’attenuazione dei colori. Il livello intermedio ci mostra una serie di piattaforme su più livelli e un labirinto. Che cosa possono significare se non le diverse fasi dell’ascesa? Il cammino salvifico è percorso nel meandro, come fatica nel superare gli ostacoli di traballanti zone di pausa - luoghi di meditazione purificatoria? Forse! - e per finire, l’esilità di tronchi d’albero che possono impedire - rompendosi - di rendere vano ogni sforzo fatto fino a quel momento, per raggiungere l’obiettivo. Al vertice, i giovani germogli delle piante completano l’ascesa e “probabilmente”, hanno la funzione d’impollinare d’amore chi li raggiunga. E chi sono, quelli che rappresentano l’umanità nell’ascesa? I bambini!  Altro aspetto importante da rilevare riguarda l’albero nel pannello di destra: si piega fino a quello centrale e termina con un grande uovo. Facendo riferimento a quanto detto in precedenza, sappiamo bene che nella cultura cristiana l’uovo è il simbolo della resurrezione di Cristo. La nuova vita che nascerà dopo le fatiche dell’ascesa è dunque, quella dell’amore eterno. (Siliano Simoncini)

 

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