Europa. Storia di un'idea e di un'identità
L’incontro con l’altro ha spesso giocato un ruolo di primo piano nelle dinamiche identitarie. Attribuire caratteristiche negative, dall’ambito estetico a quello morale e intellettuale, a gruppi umani differenti per colore della pelle, costumi, lingua, religione, è servito a rafforzare la coesione interna, il senso di superiorità di una società sulle altre e a legittimare forme di sopraffazione e dominio. Rivolto inizialmente dai greci ai persiani, “barbaro” (alla lettera: balbuziente, colui che parla un linguaggio incomprensibile) nel corso dei secoli sarebbe divenuto un epiteto profferito nei confronti di chi, per molteplici aspetti, era ritenuto inferiore culturalmente e, in quanto tale, giustamente riducibile in uno stato di servitù o schiavismo. Riprendendo l’analisi di Tzvetan Todorov (espressa ne La conquista dell’America), l’autore invita alla riflessione sulle modalità di categorizzazione e percezione dell’altro e richiama un famoso passo del filosofo Montaigne, che nel XVI secolo metteva in guardia i suoi contemporanei dal rischio dell’etnocentrismo. Una lezione che, a distanza di mezzo millennio, rimane sempre attuale.
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Ultimo aggiornamento giovedì, 30 maggio 2019
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L’incontro con l’altro ha spesso giocato un ruolo di primo piano nelle dinamiche identitarie. Attribuire caratteristiche negative, dall’ambito estetico a quello morale e intellettuale, a gruppi umani differenti per colore della pelle, costumi, lingua, religione, è servito a rafforzare la coesione interna, il senso di superiorità di una società sulle altre e a legittimare forme di sopraffazione e dominio. Rivolto inizialmente dai greci ai persiani, “barbaro” (alla lettera: balbuziente, colui che parla un linguaggio incomprensibile) nel corso dei secoli sarebbe divenuto un epiteto profferito nei confronti di chi, per molteplici aspetti, era ritenuto inferiore culturalmente e, in quanto tale, giustamente riducibile in uno stato di servitù o schiavismo. Riprendendo l’analisi di Tzvetan Todorov (espressa ne La conquista dell’America), l’autore invita alla riflessione sulle modalità di categorizzazione e percezione dell’altro e richiama un famoso passo del filosofo Montaigne, che nel XVI secolo metteva in guardia i suoi contemporanei dal rischio dell’etnocentrismo. Una lezione che, a distanza di mezzo millennio, rimane sempre attuale.
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