Biblioteca San Giorgio, Pistoia


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I verbi della San Giorgio.

 

Circolo Facilitatore "L'alfabeto delle relazioni": PQRS

immagine tratta dal web


educazione, ascolto, competenze

a cura del prof. Pino De Sario (Scuola Facilitatori)

Biblioteca San Giorgio, Auditorium Terzani – ore 17.00-19.00

Volantino
(pdf, 81 Kb)

 

Calendario degli incontri

Martedì 6 ottobre 2015: "Parola chiave (per accogliere le criticità)"

Martedì 20 ottobre 2015: "Quoziente emotivo (una nuova intelligenza)"

Martedì 10 novembre 2015: "Richiesta parere (dare attenzione all'altro)"

Martedì 17 novembre 2015: "Scongelamento (di dogmi e severità)"

 

La partecipazione è gratuita. Per iscriversi: inviare una e-mail con il proprio nome, cognome, telefono cellulare e indirizzo e-mail all'indirizzo corsi.sangiorgio@comune.pistoia.it.
Le iscrizioni saranno accolte in ordine di arrivo, fino ad esaurimento dei posti in sala (99)

 

Che cosa è un Circolo Facilitatore

Il Circolo facilitatore è un momento di gruppo in cui convergono i caratteri della lezione,dell’aiuto, della palestra pratica di nuove abilità relazionali ed emotive. Un laboratorio di apprendimento dei metodi della comunicazione interpersonale, della gestione costruttiva dei conflitti, della competenza emotiva, della gestione della negatività, dell’ascolto attivo, del potenziamento personale, della resilienza, dell’empowerment, dei metodi attivi, della critica costruttiva, della negoziazione e mediazione.

 

Chi è Pino De Sario 

Pino De Sario, psicologo sociale, specialista in facilitazione, insegna all’Università di Pisa “Strumenti di facilitazione nel conflitto”; esperto di gestione delle negatività, aiuta le organizzazioni nei casi di conflitti, malessere, resistenza al cambiamento, applicando il Metodo Antinegatività.

Ha pubblicato Professione facilitatore: le competenze chiave del consulente alle riunioni di lavoro e ai forum partecipati (Angeli, 2005), Il facilitatore dei gruppi: guida pratica per la facilitazione esperta in azienda e nel sociale (Angeli, 2006), La riunione che serve: metodi collaudati per incontri di lavoro a forte relazione, costruttivi e concreti (Angeli, 2008), Ecologia della comunicazione: tecniche per dialogare con efficacia, evitare malintesi e trasformare le negatività (Xenia, 2010), L'insegnante facilitatore: una nuova frontiera (La meridiana, 2011), Il codice che vince (Franco Angeli, 2014), È facile affrontare i problemi della vita se sai come farlo (Newton Compton, 2014)

Tutti i libri di De Sario sono disponibili per il prestito presso la Biblioteca San Giorgio.

 

L'itinerario attraverso l'alfabeto, cominciato nei precedenti corsi con le lettere ABCD (vedi) EFGI (vedi), LMNO (vedi) prosegue con PQRS

P, Q, R, S ...

P come Parola chiave

Metodo. La parola chiave è lo strumento comunicativo principe che ci serve per gestire la negatività (conflitti, malessere, errori). La parola chiave è quella parte di frase che connota un intero discorso. Restituendola al protagonista si aggancia il suo vissuto o disagio per esplorarlo tramite una breve indagine pratica. Questa buona tecnica ci avvantaggia in tante maniere, per esempio: ci permette di ascoltare l’altro meglio; ci fa portare attenzione sul problema e non solo sulla sua soluzione; ci evita brusche reazioni impulsive. Come si utilizza? In posizione di ascoltatore la parola chiave va selezionata e restituita al mittente all’interno di una frase di accoglienza, è una vera e propria porta di accesso ad un vissuto a noi spesso sconosciuto.

Prova. Attiva questo strumento subito e in grande quantità. Alcuni studenti all’università mi hanno fatto osservare che la parola chiave è fare il pappagallo, ricordo che a fronte di quell’osservazione mi ero un po’ risentito. Dopo qualche giorno riflettendo mi dicevo «sì, hanno anche ragione, è fare il pappagallo» e qui aggiungo, un pappagallo che però funziona. In definitiva, cerchiamo di estrarre dai discorsi altrui le parole significative, facciamo esercizio di ascolto del problema, ancora prima di cercare le solite e dannate soluzioni.


Q come Quoziente emotivo

Metodo. Le sole capacità intellettive non bastano più. Ognuno di noi, calato in un ambiente sempre più complesso e incerto, ha bisogno di imparare a gestire le proprie emozioni. Il quoziente emotivo (Qe) da più di vent’anni ha integrato i vecchi criteri per misurare l’intelligenza, che non è più considerabile al solo piano razionale, ma si apre appunto al piano emotivo. Questa nuova capacità, denominata da Daniel Goleman “intelligenza emotiva” può essere definita così:

- saper riconoscere le proprie emozioni e i loro effetti;
- controllare le emozioni quando ci prendono in maniera forte ed esagerata;
- osservare gli altri con comprensione ed empatia;
- tendere alla propria crescita personale, di cui il piano emotivo è il più complesso e delicato;
- essere aperti, incoraggiare aperture, costruire fiducia nei rapporti.

Prova. La proposta è iniziare da uno di questi punti e provare a praticare. Per esempio, iniziamo col condividere ansie e preoccupazioni con una persona di fiducia, che ci può ascoltare con attenzione, evitando giudizi e ricette. Nello scambio, oltre ad essere ascoltati, possiamo anche noi offrire ascolto all’altro, con attenzione e senza giudizi e ricette. Una vera e propria “medicina” naturale e gratuita.

 

 

R come Richiesta parere

 

Metodo. Per attivare forme buone di interazione con gli altri, occorre che ci concentriamo su un movimento dinamico “io-tu”, detto dialogico o dialettico, ovvero, che presenta uno scambio in cui tutti gli interlocutori hanno la parola. Per fare ciò una buona pratica è incominciare a prestare più attenzione all’altro, agendo la richiesta parere, che non è altro che il fare domande, per conoscere, ascoltare, verificare, farsi un’idea, prendere tempo. Questa è anche un’abilità denominata di feedback, di risposta, riscontro, parere. L’altro rappresenta la fonte che vede, sente, percepisce cose del contesto e di noi, che noi stessi non possiamo vedere, per questo è strategico raccogliere pareri, per il semplice fatto che si allarga la nostra area di visione e conoscenza. Il primo tipo di feedback per importanza e quantità è quello della richiesta parere, l’invito all’altro perché esprima la sua idea e opinione. Un valore nuovo, per dare attenzione e interessarci a chi ci vive intorno tutti i giorni.

Prova. Proviamo quindi a fare domande, sia per conoscere l’altro, ma anche quando ci mette in difficoltà con pareri astrusi, ecco in quei momenti, prima di rispondere col pilota automatico, possiamo effettuare qualche buona domanda, una richiesta parere appunto.

 

 

S come Scongelamento

 

Metodo. Quando lo spiego ai miei studenti ho l’idea che sia per loro di facile comprensione, che il concetto gli arrivi bene. Sì perché non è proprio semplice affermare che se intendiamo lavorare meglio, studiare meglio, discutere meglio, si debba incominciare col curare non tanto le mansioni, i contenuti e i compiti, bensì anche l’ambiente relazionale complessivo. Lo scongelamento è questo ed è vicino al calore umano, possiamo dire che sono condizioni contigue. Cos’è? Possiamo definirlo come quel comportamento interpersonale meno contratto, più genuino, più leggero, per un approccio alle cose non ideologico, non severo, non dogmatico. Esso serve in moltissime situazioni, per abbassare le soglie di ansia e tensione, per contenere e ridurre le distanze e le irritazioni Lo scongelamento agisce sui nostri due cervelli integrando il cervello emotivo con quello razionale, accendendo così risorse altrimenti sopite, la migliore premessa al modo propositivo e costruttivo che desideriamo.

Prova. Possiamo cercare di abbassare soglie di tensione e ansia, di irritazione o disturbo mettendoci un po’ di leggerezza, per far scivolare le tante cose che ci assillano, per provare a vedere quello che c’è già di buono, per evitare di scagliarci sul problema. Possiamo bensì far fluire le situazioni e dargli un respiro più aperto e più leggero, che scongeli appunto.

 

 

 

 

 

 

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