Biblioteca San Giorgio, Pistoia


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Bruno Borghi il prete operaio

Bruno Borghi

 

 

Bruno Borghi: l’intelligente e scanzonato amico di Don Milani negli anni di seminario; altro prete comodo per le gerarchie ecclesiastiche quanto una manciata di puntine da disegno sulla sedia. Prete operaio, porta avanti con estrema coerenza il suo discorso pastorale, navigando imperterrito tra minacce continue di sospensioni a divinis (cioè interdizione dagli uffici sacerdotali) assai di moda nell’arcidiocesi fiorentina (Neera Fallaci, Dalla parte dell’ultimo. Vita del prete Lorenzo Milani, Milano Libri, Milano 1974, p. 301).
È solo uno dei tanti ritratti di questo uomo, che, come ricordava Lorenzo Milani, era forse l’unico prete che con la classe operaia sapesse parlare.
Con lui, aveva mantenuto per tutta la sua breve vita grande affetto e profonda considerazione. Scriverà in una dedica del suo Esperienze pastorali, nel 1967, poco prima di morire:
Ti ho considerato sempre un maestro per me. E ero sempre in soggezione perché te preghi e io no. E ora con un po’ di malattia mi sono salvato l’anima lo stesso
(citato in Don Lorenzo Milani, Tutte le opere, Mondadori, Milano 2017, tomo secondo, Lettere (1928-1967, p. 181, nota 1).
Marta Margotti, docente di Storia Contemporanea dell’Università di Torino, autrice di saggi sulla realtà dei preti operai, sottolinea nella prefazione, come Bruno Borghi è stato“eccentrico”, nel senso letterale “fuori dal centro”, ma, proprio per questo, non meno protagonista di altri del secondo dopoguerra italiano, nella dimensione ecclesiale ma anche in quelle sociali, sindacali e politiche, attraversate nella realtà fiorentina a partire dagli anni ’50 e ’60 e arrivando all’inizio del nuovo secolo.
Non è soltanto l’amico di Lorenzo Milani e il primo prete operaio italiano, come è stato finora ricordato in maniera del tutto insufficiente. E’ stato molto altro.
Nel 1959 sostiene l’occupazione della Galileo, importante fabbrica fiorentina, vi partecipa e poi è presente al duro scontro di piazza, che segue lo sgombero, per le vie del centro di Firenze, anticipazione del protagonismo giovanile degli anni ’60. Sarà sempre coinvolto nelle vicende sindacali, come militante della CGIL, fino al suo licenziamento dalla fabbrica chimica Gover, a cui seguono le sue lettere ai compagni operai, che al tempo avranno una vasta eco, e il processo per vilipendio alla magistratura.
A livello ecclesiale, nel 1964, assieme a Lorenzo Milani, pone la necessità del confronto tra parroci e vescovo, senza censure, a concretizzare il messaggio di Giovannni XXIII e del Concilio, contrapponendosi alle chiusure dell’arcivescovo Florit. E’ sempre partecipe alla vicenda della comunità dell’Isolotto, in solidarietà della quale darà le dimissioni da parroco.
Va ricordato, sul piano dell’impegno politico, che Bruno Borghi nel 1966, contribuisce, assieme ad altri preti e laici, alla stesura di un documento che segna, per la prima volta a Firenze, ma anche in Italia, la rottura, da parte di un gruppo consistente di cattolici, del collateralismo con la Democrazia Cristiana, arrivando all’invito a non votarla. Impegno che costerà a Bruno l’ennesima minaccia di sospensione a divinis, bloccata dall’intervento diretto di papa Paolo VI.
A livello sociale, i suoi campi di intervento sono andati dal sostegno all’obiezione di coscienza, con una lettera che anticipa quella di Lorenzo Milani ai cappellani militari, alla partecipazione ai comitati spontanei di quartiere sorti dopo l’alluvione del 1966, dalle mobilitazioni dei cosidetti invalidi, considerati per la prima volta non in termini assistenzialistici ma come soggetti della lotta contro l’esclusione, dalla presenza come volontario nel carcere di Sollicciano al lavoro di cooperante internazionale in Nicaragua.
Per tutto questo, si può ben dire che Bruno Borghi, anticonformista e ribelle, sempre guidato dalla convinzione che la manifestazione di una soggettività consapevole e partecipata degli “ultimi” potesse mutare lo stato delle cose presenti, è ascrivibile a pieno titolo tra gli antimoderati del ‘900 italiano.
Completano il volume alcuni suoi testi (l’intervista sulla scuola di Barbiana, le lettere ai compagni operai della Gover e l’autodifesa davanti ai giudici del tribunale di Bologna), il documento programmatico del gruppo Contro l’esclusione, un reportage del 1969 su Bruno, inserito da Jacques Servien in un suo libro sull’esperienza dell’Isolotto, tradotto, per questa parte, per la prima volta in italiano, le note biografiche sui personaggi che compaiono nel testo, con indicazioni per eventuali approfondimenti, una bibliografia ( i testi di Bruno Borghi e su di lui, realtà politica, sociale ed ecclesiale fiorentina degli anni ’60 e ’70, preti operai).

 

L'autore
Antonio Schina, laureato in Filosofia, è stato insegnante di materie letterarie. Redattore del “Notiziario del Centro di Documentazione di Pistoia”, ha pubblicato con il Centro ABCDEcologia. Guida all'ecologia, alle teorie, ai movimenti (1992), Don Milani, un cattivo maestro degli anni Sessanta o un intellettuale antimoderato? (1993) e Alla base della nostra vita. Una guida bibliografica all'agricoltura (2002, con Beatrice Lumini). Con Attilio Mangano ha realizzato la seconda edizione de Le culture del Sessantotto. Gli anni sessanta, le riviste, il movimento, Centro di Documentazione-Massari Editore 1998. Ha curato con Manfredi Alessio Urbini la realizzazione di un documentario sulla deportazione dei cittadini di Montelupo fiorentino nei campi di sterminio nazista , Come ladri nella notte (2004). Ha promosso e segue, con Antonio Benci, la collana Quaderni dell’Italia antimoderata e la rivista “Memorie per domani”. 

 

 

Il quaderno oltre che disponibile al prestito, può essere acquistato presso il Centro di Documentazione di Pistoia.

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