Works
Sarà una scelta controcorrente quella di consigliare proprio in un periodo di vacanze la lettura di un libro che parla di lavoro ma, vista la mole e la densità del memoir di Vitaliano Trevisan, forse è proprio questo il momento giusto per recuperare la lettura di uno dei libri di narrativa italiana più importanti degli ultimi anni.
Trevisan vi racconta la storia delle proprie esperienze lavorative, nel famigerato operoso Nordest, dal primo lavoro impostogli dal padre per guadagnarsi la prima bicicletta fino al momento in cui può finalmente dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Geometra, magazziniere, operaio, fattorino, portiere di notte e altro ancora. Più che un auto-fiction, che poi di fiction ha ben poco, "Works" indaga con gli strumenti della narrativa, affilati da Trevisan su anni di furiose letture, anch'esse raccontate nel libro, il microcosmo umano del mondo del lavoro nelle imprese venete e, ancora più in profondità, il contesto umano, sociale e politico. Il suo sguardo fieramente disincantato, anzi assolutamente crudo, mette su carta gli aspetti più degradati e degradanti del lavoro, ma dall'altra anche una sorta di orgoglio dell'operosità e un confronto impietoso tra mondo della cultura e mondo del lavoro, entrambi rappresentati nelle rispettive miserie.
Vanità personali, intrighi al limite della legalità, garanzie negate, leggi eluse, sfruttamenti, alienazioni e emarginazioni... Trevisan rende trasparente il funzionamento di una società in cui gli istinti, le brame e i bisogni hanno la meglio sui principi e su ogni teoria di giustizia e merito, e definisce con chiarezza un momento storico in cui è in atto, in modo trasparente per chi sa guardare con sguardo lucido, un processo di progressiva estinzione di ogni senso etico ed estetico. Un mondo in cui si lotta per sopravvivere, affermarsi e sopraffare l'altro. Ne emerge un modello umano e sociale antiumanistico che, raffigurato freddamente attraverso il racconto spaventosamente efficace del proprio "fare" piuttosto che tramite teorie e interpretazioni, lascia spazio a riflessioni profonde e inquietanti sullo stato della società e sulla natura dell'uomo.
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento mercoledì, 7 agosto 2019
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Sarà una scelta controcorrente quella di consigliare proprio in un periodo di vacanze la lettura di un libro che parla di lavoro ma, vista la mole e la densità del memoir di Vitaliano Trevisan, forse è proprio questo il momento giusto per recuperare la lettura di uno dei libri di narrativa italiana più importanti degli ultimi anni.
Trevisan vi racconta la storia delle proprie esperienze lavorative, nel famigerato operoso Nordest, dal primo lavoro impostogli dal padre per guadagnarsi la prima bicicletta fino al momento in cui può finalmente dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Geometra, magazziniere, operaio, fattorino, portiere di notte e altro ancora. Più che un auto-fiction, che poi di fiction ha ben poco, "Works" indaga con gli strumenti della narrativa, affilati da Trevisan su anni di furiose letture, anch'esse raccontate nel libro, il microcosmo umano del mondo del lavoro nelle imprese venete e, ancora più in profondità, il contesto umano, sociale e politico. Il suo sguardo fieramente disincantato, anzi assolutamente crudo, mette su carta gli aspetti più degradati e degradanti del lavoro, ma dall'altra anche una sorta di orgoglio dell'operosità e un confronto impietoso tra mondo della cultura e mondo del lavoro, entrambi rappresentati nelle rispettive miserie.
Vanità personali, intrighi al limite della legalità, garanzie negate, leggi eluse, sfruttamenti, alienazioni e emarginazioni... Trevisan rende trasparente il funzionamento di una società in cui gli istinti, le brame e i bisogni hanno la meglio sui principi e su ogni teoria di giustizia e merito, e definisce con chiarezza un momento storico in cui è in atto, in modo trasparente per chi sa guardare con sguardo lucido, un processo di progressiva estinzione di ogni senso etico ed estetico. Un mondo in cui si lotta per sopravvivere, affermarsi e sopraffare l'altro. Ne emerge un modello umano e sociale antiumanistico che, raffigurato freddamente attraverso il racconto spaventosamente efficace del proprio "fare" piuttosto che tramite teorie e interpretazioni, lascia spazio a riflessioni profonde e inquietanti sullo stato della società e sulla natura dell'uomo.
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
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