Biblioteca San Giorgio, Pistoia


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100 parole al giorno: questo è il capitale comunicativo che ogni donna ha il potere di spendere ogni giorno. Superato il limite, ad ogni parola corrisponde una dolorosa scarica elettrica prodotta dal braccialetto che le femmine sono costrette ad indossare fin dalla più tenera età. Mentre gli uomini hanno la facoltà di parlare liberamente, le donne sono chiamate a dosare le parole che possono usare, rimanendo per la maggior parte del tempo in rigoroso silenzio. Ma la voce è solo una delle cose che le donne hanno perso, con l’avvento del nuovo regime etico-teocratico che si è imposto negli Stati Uniti: hanno perso il lavoro, il conto in banca, la possibilità di guidare l’auto, di muoversi liberamente, di leggere, scrivere, studiare. L’unico spazio loro riservato è quello all’interno delle mura domestiche, dove possono esercitare il compito più in linea con la loro natura biologica: quello di prendersi cura della casa, della cucina e dei figli. 

A teorizzare il ritorno della casalinghitudine forzata è stata l’esigenza di riportare ordine in un mondo sicuramente disordinato, in cui le donne hanno acquisito posizioni di potere, superando nello studio e nel lavoro tanti uomini che si sentono lasciati indietro, e cercano nel nuovo Presidente degli Stati Uniti il paladino del ritorno al buon tempo antico, quando essere maschi voleva ancora dire qualcosa. 

Per le donne le cose sono cambiate un po’ alla volta, al punto che la protagonista della storia, la dottoressa Jean McClellan, una scienziata impegnata nella cura dell’afasia di Wernicke, si è ritrovata senza lavoro e col braccialetto conta-parole quasi senza accorgersene, e soprattutto senza partecipare attivamente a quei movimenti anti-sistema che pure denunciavano i rischi in cui la società sarebbe incorsa di lì a breve, se solo si fosse lasciato spazio ai nuovi valori promossi dal regime etico-teocratico andato al potere. 

Jean ha però un’opportunità unica: il fratello del Presidente degli Stati Uniti è stato colpito da afasia, e solo lei ha la possibilità di curarlo. Per questo viene prelevata in tutta fretta dagli uomini del regime e portata in un laboratorio super-segreto, dove potrà riprendere i propri studi, parlare di nuovo senza limiti, studiare, usare il computer, fare ricerche: tutto ciò che serve per trovare la cura in grado di salvare il congiunto del Presidente. 

Jean è combattuta tra due estremi: da un lato, il desiderio di proseguire i suoi studi e trovare la cura a cui ha dedicato tutta la sua vita, dall’altro, la consapevolezza che – una volta terminato il lavoro – dovrà indossare di nuovo il braccialetto e ritornare alla prigionia della propria casa. In un crescendo di colpi di scena che la vedranno protagonista di azioni anche disperate, Jean dovrà imparare a distinguere velocemente le persone di cui fidarsi dalle persone pronte a fare del male a lei e alla sua famiglia, fino ad arrivare alla “soluzione finale” che lascia il lettore non soltanto col cuore in gola, ma anche con la voglia di un seguito.

Maria Stella (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)

 

 

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