Volevo essere una gatta morta
Il primo romanzo di Chiara Moscardelli, giovane autrice romana nata negli anni Settanta, sta incuriosendo molto il pubblico femminile (e non solo), tanto che su Facebook la fanpage del libro conta più di 1.100 iscritti e centinaia di commenti. L'opera, pur facendo parte del noto filone letterario della chick-lit, riesce a trovare una propria identità nel proporre una nuova e originale figura antropologica femminile: la cosiddetta "gatta morta". Ma che tipo di donna è la gatta morta? Chiara, la protagonista del romanzo, l'ha studiata a fondo: è una donna che non si concede mai, che "ha sempre bisogno di qualcosa: ha fame, ha freddo, è triste, non ce la fa a portare la borsa", taciturna, composta, pudica in materia di sesso, mangia e beve poco, non guida la sera, perché è pericoloso; in una cena tra amici è facile riconoscerla: appoggia sempre la testa sulla spalla del suo uomo, lo venera, non lo critica mai e non dissente mai dalle sue opinioni. La gatta morta ha un unico obbiettivo, sposarsi, scegliendo il suo uomo tra avvocati, architetti, notai e dottori: ma dietro la sua apparente passività, conosce tutti i trucchetti e le strategie di seduzione per tenersi legata "a doppio filo" con lo scapolo di turno. Contro di lei, come ribadisce la protagonista, non ci sono armi di difesa, nessuna speranza di vittoria, si finisce sempre per perdere: gatte morte si nasce, punto e basta, e non è possibile imparare l'arte o diventare tali con il tempo. Però Chiara riesce lo stesso a aggiudicarsi tante piccole vittorie quotidiane che, nel corso degli anni, la porteranno a una più matura e profonda consapevolezza di se stessa e del proprio essere donna. In conclusione, il romanzo della Moscardelli è il romanzo di una generazione di giovani donne che, stanche e martirizzate dal precariato, offese dalla decadenza della qualità della vita e della società, hanno saputo imparare a fregarsene, hanno saputo accettare che, a volte, le cose non vanno come dovrebbero. Ma di questo le donne, e non le gatte morte, riescono a riderci sopra.
Carolina (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento venerdì, 21 febbraio 2014
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Il primo romanzo di Chiara Moscardelli, giovane autrice romana nata negli anni Settanta, sta incuriosendo molto il pubblico femminile (e non solo), tanto che su Facebook la fanpage del libro conta più di 1.100 iscritti e centinaia di commenti. L'opera, pur facendo parte del noto filone letterario della chick-lit, riesce a trovare una propria identità nel proporre una nuova e originale figura antropologica femminile: la cosiddetta "gatta morta". Ma che tipo di donna è la gatta morta? Chiara, la protagonista del romanzo, l'ha studiata a fondo: è una donna che non si concede mai, che "ha sempre bisogno di qualcosa: ha fame, ha freddo, è triste, non ce la fa a portare la borsa", taciturna, composta, pudica in materia di sesso, mangia e beve poco, non guida la sera, perché è pericoloso; in una cena tra amici è facile riconoscerla: appoggia sempre la testa sulla spalla del suo uomo, lo venera, non lo critica mai e non dissente mai dalle sue opinioni. La gatta morta ha un unico obbiettivo, sposarsi, scegliendo il suo uomo tra avvocati, architetti, notai e dottori: ma dietro la sua apparente passività, conosce tutti i trucchetti e le strategie di seduzione per tenersi legata "a doppio filo" con lo scapolo di turno. Contro di lei, come ribadisce la protagonista, non ci sono armi di difesa, nessuna speranza di vittoria, si finisce sempre per perdere: gatte morte si nasce, punto e basta, e non è possibile imparare l'arte o diventare tali con il tempo. Però Chiara riesce lo stesso a aggiudicarsi tante piccole vittorie quotidiane che, nel corso degli anni, la porteranno a una più matura e profonda consapevolezza di se stessa e del proprio essere donna. In conclusione, il romanzo della Moscardelli è il romanzo di una generazione di giovani donne che, stanche e martirizzate dal precariato, offese dalla decadenza della qualità della vita e della società, hanno saputo imparare a fregarsene, hanno saputo accettare che, a volte, le cose non vanno come dovrebbero. Ma di questo le donne, e non le gatte morte, riescono a riderci sopra.
Carolina (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)
- Ultimo aggiornamento venerdì, 21 febbraio 2014
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