Tutti gli altri
Il bel romanzo d’esordio di Francesca Matteoni, di cui tutti conosciamo le qualità poetiche, uscito da qualche mese, nella bellissima collana di narrativa di Tunué, è stato fin qui molto apprezzato e molto recensito. Uno dei temi che (giustamente) ha accompagnato tutte (o quasi) le recensioni e quello del romanzo di formazione. Tutti gli altri è, anche, un romanzo di formazione. Noi, però, proponiamo una riflessione e un gioco per dire di questo libro. Dove c’è formazione ci deve essere (e c’è) anche informazione. Matteoni ha scritto un romanzo di informazione. Raccontando le proprie esperienze l’autrice ci dà notizia delle nostre, non soltanto ponendoci nella condizione, più o meno felice, del ricordare, ma mostrandoci qualcosa di noi con i suoi occhi. Che è poi quello che accade con le poesie riuscite. La prima informazione ce la danno i bambini, attraverso le fiabe. La bambina, protagonista delle prime pagine, vive, si muove, pensa, come in una fiaba. E come dentro una fiaba balla, e mentre balla scopre, e invita alla danza altri bambini, e poi gli animali, e poi i grandi. E come nelle fiabe troviamo i segreti veri. Ve li ricordate i vostri segreti di quando eravate bambini? Cose piccole, nascoste in luoghi introvabili, cose che mai avreste confessato. Leggendo la prima parte di Tutti gli altri, viene da pensare che gli unici segreti che abbiano contato qualcosa siano stati quelli di allora. Il segreto era qualcosa di puro e bello. Non rivelare un nascondiglio significava preservare la bellezza di qualcosa.
Quello che ci raccontavamo era una fatale premonizione di noi stessi, esseri non ancora adulti che si ostinavano a credere alle figure dei fumetti, dei libri di mitologia, che tentavano di portare un po’ più in là, nella veglia, le verità del sogno.
Poi si cresce, arriva l’adolescenza, arriva l’età adulta. La fiaba si fa viaggio, o si viaggia in una fiaba, il punto è che quella fiaba è la realtà. Fiabesca per come la protagonista del romanzo la vive, per come Francesca Matteoni la racconta. Questo libro è un mosaico, formato da piccole microstorie che muovendosi nel tempo compongono il puzzle narrativo. Vediamone qualcuna. Intanto i nomi: Mangiafuoco, Daniele, Nembo Kid, Akela, Pippi Calzelunghe, Angiaq, Matteo. Alce e un orso. E i luoghi: Pistoia, l’Appennino, Londra, la Finlandia. Autobus, bar, tende, posti abbandonati. Parole lasciate e trovate. Amori e amici. Vita dunque, e morte. Francesca Matteoni racconta da dove e come è venuta. Ci spiega le amicizie, il coraggio e le paure. Ci spiega che a volte il modo migliore di tenersi le persone sia quello di lasciarle andare; e lasciandole andare ci si salva. Che a volte serve una zattera, altre un’ancora. Che non devono mai mancare i colori, che bisogna cercarli. A volte le persone alle quali più teniamo scelgono di dire basta. E allora bisogna comprendere quel Basta, occorre trovargli un posto. Bisogna decidere dove piazzare il perdono in mezzo al dolore, bisogna capire il momento. E, come in tutti i romanzi di (in)formazione, bisogna crescere, ognuno a proprio modo. Capire quando andare e quando rimanere. Ricordarsi di sognare ogni tanto.
Gianni Montieri (poeta e critico, con la collaborazione di Poetarum Silva)
Il libro è stato promosso nell'ambito del progetto Bibliodiversità della Biblioteca San Giorgio
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Ultimo aggiornamento venerdì, 1 settembre 2017
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Il bel romanzo d’esordio di Francesca Matteoni, di cui tutti conosciamo le qualità poetiche, uscito da qualche mese, nella bellissima collana di narrativa di Tunué, è stato fin qui molto apprezzato e molto recensito. Uno dei temi che (giustamente) ha accompagnato tutte (o quasi) le recensioni e quello del romanzo di formazione. Tutti gli altri è, anche, un romanzo di formazione. Noi, però, proponiamo una riflessione e un gioco per dire di questo libro. Dove c’è formazione ci deve essere (e c’è) anche informazione. Matteoni ha scritto un romanzo di informazione. Raccontando le proprie esperienze l’autrice ci dà notizia delle nostre, non soltanto ponendoci nella condizione, più o meno felice, del ricordare, ma mostrandoci qualcosa di noi con i suoi occhi. Che è poi quello che accade con le poesie riuscite. La prima informazione ce la danno i bambini, attraverso le fiabe. La bambina, protagonista delle prime pagine, vive, si muove, pensa, come in una fiaba. E come dentro una fiaba balla, e mentre balla scopre, e invita alla danza altri bambini, e poi gli animali, e poi i grandi. E come nelle fiabe troviamo i segreti veri. Ve li ricordate i vostri segreti di quando eravate bambini? Cose piccole, nascoste in luoghi introvabili, cose che mai avreste confessato. Leggendo la prima parte di Tutti gli altri, viene da pensare che gli unici segreti che abbiano contato qualcosa siano stati quelli di allora. Il segreto era qualcosa di puro e bello. Non rivelare un nascondiglio significava preservare la bellezza di qualcosa.
Quello che ci raccontavamo era una fatale premonizione di noi stessi, esseri non ancora adulti che si ostinavano a credere alle figure dei fumetti, dei libri di mitologia, che tentavano di portare un po’ più in là, nella veglia, le verità del sogno.
Poi si cresce, arriva l’adolescenza, arriva l’età adulta. La fiaba si fa viaggio, o si viaggia in una fiaba, il punto è che quella fiaba è la realtà. Fiabesca per come la protagonista del romanzo la vive, per come Francesca Matteoni la racconta. Questo libro è un mosaico, formato da piccole microstorie che muovendosi nel tempo compongono il puzzle narrativo. Vediamone qualcuna. Intanto i nomi: Mangiafuoco, Daniele, Nembo Kid, Akela, Pippi Calzelunghe, Angiaq, Matteo. Alce e un orso. E i luoghi: Pistoia, l’Appennino, Londra, la Finlandia. Autobus, bar, tende, posti abbandonati. Parole lasciate e trovate. Amori e amici. Vita dunque, e morte. Francesca Matteoni racconta da dove e come è venuta. Ci spiega le amicizie, il coraggio e le paure. Ci spiega che a volte il modo migliore di tenersi le persone sia quello di lasciarle andare; e lasciandole andare ci si salva. Che a volte serve una zattera, altre un’ancora. Che non devono mai mancare i colori, che bisogna cercarli. A volte le persone alle quali più teniamo scelgono di dire basta. E allora bisogna comprendere quel Basta, occorre trovargli un posto. Bisogna decidere dove piazzare il perdono in mezzo al dolore, bisogna capire il momento. E, come in tutti i romanzi di (in)formazione, bisogna crescere, ognuno a proprio modo. Capire quando andare e quando rimanere. Ricordarsi di sognare ogni tanto.
Gianni Montieri (poeta e critico, con la collaborazione di Poetarum Silva)
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