Triste, solitario y final
Forse il termine più adatto per definire Triste, solitario y final è “sgangherato” (e qualcuno infatti lo ha già usato), nei suoi diversi sensi. Scombinato e scomposto come in certi momenti sembra essere la trama, fuoriuscita definitivamente sin dalle prime pagine dai cardini del controllo e portata avanti a forza di colpi di scena e per il divertimento della scrittura; sconquassato dal turbine di fughe, risse e inseguimenti tipico delle vecchie comiche in bianco e nero; male in arnese come i suoi protagonisti. Sono tutte definizioni che a prima vista sembrerebbero costituire una demolizione critica, ma è proprio in un'ultima accezione del termine che si nasconde la preziosità del primo romanzo di Osvaldo Soriano: sgangherato come “privo di connessione logica”, ma da intendere qui nel senso che a muovere i fili di queste marionette a volte impazzite non è certo la logica tradizionale bensì una logica alternativa, quella della poesia. È la libertà della poesia che fa prendere allo scrittore e giornalista argentino la strada di un'invenzione paradossale come quella di cadere egli stesso in una storia abitata dai principali personaggi dell'amatissimo cinema americano degli anni Trenta, in compagnia del protagonista per eccellenza del poliziesco hard boiled, il detective chandleriano Philip Marlowe. I due si incontrano per caso sulla tomba di Stan Laurel e, per onorarne la memoria e le ultime malinconiche volontà, danno vita a una serie di pirotecniche avventure che li porteranno a scontrarsi in furiose risse, confusi parapiglia e incontri fortuiti con James Stewart, John Wayne, Dick Van Dyke, Mickey Rooney, Julie Christie ecc. fino all'apoteosi: l'organizzazione del rapimento dell'odiato Charlie Chaplin (un “ometto arrogante, al quale andava sempre male nei film e bene nella vita”).
Anche se Triste, solitario y final non è probabilmente il suo miglior libro è un peccato perdersi questo ingegnoso e sfrenato puro divertissement che, oltre che un atto d'amore per un'epoca e un mondo, è anche e soprattutto la prima e la più lieve delle tante battaglie di Soriano al fianco di sognatori e irregolari, il primo capitolo di quello che in fondo, forse, più di tutto, sarà la sua opera: un'epopea della dignità dei perdenti.
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
-
Ultimo aggiornamento sabato, 11 gennaio 2014
Inserisci il tuo commento
Commenti
Nessuno ha aggiunto ancora un commento in questa pagina.
Feed RSS per i commenti in questa pagina |
Feed RSS per tutti i commenti
Forse il termine più adatto per definire Triste, solitario y final è “sgangherato” (e qualcuno infatti lo ha già usato), nei suoi diversi sensi. Scombinato e scomposto come in certi momenti sembra essere la trama, fuoriuscita definitivamente sin dalle prime pagine dai cardini del controllo e portata avanti a forza di colpi di scena e per il divertimento della scrittura; sconquassato dal turbine di fughe, risse e inseguimenti tipico delle vecchie comiche in bianco e nero; male in arnese come i suoi protagonisti. Sono tutte definizioni che a prima vista sembrerebbero costituire una demolizione critica, ma è proprio in un'ultima accezione del termine che si nasconde la preziosità del primo romanzo di Osvaldo Soriano: sgangherato come “privo di connessione logica”, ma da intendere qui nel senso che a muovere i fili di queste marionette a volte impazzite non è certo la logica tradizionale bensì una logica alternativa, quella della poesia. È la libertà della poesia che fa prendere allo scrittore e giornalista argentino la strada di un'invenzione paradossale come quella di cadere egli stesso in una storia abitata dai principali personaggi dell'amatissimo cinema americano degli anni Trenta, in compagnia del protagonista per eccellenza del poliziesco hard boiled, il detective chandleriano Philip Marlowe. I due si incontrano per caso sulla tomba di Stan Laurel e, per onorarne la memoria e le ultime malinconiche volontà, danno vita a una serie di pirotecniche avventure che li porteranno a scontrarsi in furiose risse, confusi parapiglia e incontri fortuiti con James Stewart, John Wayne, Dick Van Dyke, Mickey Rooney, Julie Christie ecc. fino all'apoteosi: l'organizzazione del rapimento dell'odiato Charlie Chaplin (un “ometto arrogante, al quale andava sempre male nei film e bene nella vita”).
Anche se Triste, solitario y final non è probabilmente il suo miglior libro è un peccato perdersi questo ingegnoso e sfrenato puro divertissement che, oltre che un atto d'amore per un'epoca e un mondo, è anche e soprattutto la prima e la più lieve delle tante battaglie di Soriano al fianco di sognatori e irregolari, il primo capitolo di quello che in fondo, forse, più di tutto, sarà la sua opera: un'epopea della dignità dei perdenti.
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
- Ultimo aggiornamento sabato, 11 gennaio 2014
Inserisci il tuo commento
Commenti
Nessuno ha aggiunto ancora un commento in questa pagina.
Feed RSS per i commenti in questa pagina | Feed RSS per tutti i commenti