Storie sulla pelle
In collaborazione con l'Accademia Pistoiese del Ceppo, proponiamo le motivazioni dei tre vincitori dell'edizione 2014 del Premio Letterario Internazionale Ceppo Pistoia (vedi), dedicata al racconto.
Nicolai Lilin vince il Premio Ceppo Selezione Racconto 2014 con Storie sulla pelle per le spiccate doti narrative, la conoscenza e la perfetta padronanza dei tempi del racconto.
Lilin ha fatto della forma breve la sua firma, creando una sorta di costellazione di storie che hanno come fattore unificante lo stupore della leggenda e la consistenza del reale. La sua scrittura si finge strumento di trasmissione di una tradizione legata all’oralità e alla pratica dei riti di iniziazione, passati come eredità intellettuale e antropologica di generazione in generazione all’interno di una micro-società, a metà tra il mito e la storia, fatta di linguaggi codificati e di simboli connotati essi stessi da un forte carattere narrativo.
In questa raccolta di racconti – come tra l’altro accade in tutta l’opera sinora conosciuta dell’autore, anche quando è iscritta sotto la denominazione di “romanzo“ – è presente il gusto per il racconto ancestrale, pre-televisivo e pre-internettiano, quasi una forma di confessione, emanazione di un‘esistenza che va al di là dell’autobiografismo, includendo la memoria tramandata, la vita come raccolta e rimescolamento di esperienze proprie e altrui.
Sin dal primo racconto, Il marchio dei criminali onesti, che la Giuria letteraria ha ritenuto il migliore della raccolta, in un clima alla Stand by me si apre il percorso conoscitivo di Kolima, nella straordinaria tensione che è propria della sorpresa e della scoperta; ma al racconto dei primi avventati esperimenti del ragazzo si intersecano altre storie fitte di echi allegorici, quasi degli exempla, a conferma del carattere non autoreferenziale delle prove letterarie di Lilin. Così, nell’apprendistato del giovane tatuatore Kolima, attraverso la costruzione di un vero e proprio apparato iconografico stampato sulla pelle dei suoi santi-criminali in cui ciascuno ha la propria insegna, si riconosce il clima della bottega dell’artista: come un moderno Giotto, o come un Michelangelo, mostra il suo talento e viene accolto sotto la rude ma necessaria ala protettiva del maestro.
Intorno a questo perno girano decine di vicende in tutto il libro, ma in questo racconto il procedimento viene reso esplicito a livello metanarrativo: ogni storia ha un’altra storia dentro, in un meccanismo a scatola cinese o a matrioska, e ogni racconto mostra un’umanità diversa ma sempre marchiata profondamente dalla volontà di esistere in una continua affabulazione.
Ignazio Tarantino (scrittore e critico d’arte)
-
Ultimo aggiornamento venerdì, 21 marzo 2014
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Nicolai Lilin vince il Premio Ceppo Selezione Racconto 2014 con Storie sulla pelle per le spiccate doti narrative, la conoscenza e la perfetta padronanza dei tempi del racconto.
Lilin ha fatto della forma breve la sua firma, creando una sorta di costellazione di storie che hanno come fattore unificante lo stupore della leggenda e la consistenza del reale. La sua scrittura si finge strumento di trasmissione di una tradizione legata all’oralità e alla pratica dei riti di iniziazione, passati come eredità intellettuale e antropologica di generazione in generazione all’interno di una micro-società, a metà tra il mito e la storia, fatta di linguaggi codificati e di simboli connotati essi stessi da un forte carattere narrativo.
In questa raccolta di racconti – come tra l’altro accade in tutta l’opera sinora conosciuta dell’autore, anche quando è iscritta sotto la denominazione di “romanzo“ – è presente il gusto per il racconto ancestrale, pre-televisivo e pre-internettiano, quasi una forma di confessione, emanazione di un‘esistenza che va al di là dell’autobiografismo, includendo la memoria tramandata, la vita come raccolta e rimescolamento di esperienze proprie e altrui.
Sin dal primo racconto, Il marchio dei criminali onesti, che la Giuria letteraria ha ritenuto il migliore della raccolta, in un clima alla Stand by me si apre il percorso conoscitivo di Kolima, nella straordinaria tensione che è propria della sorpresa e della scoperta; ma al racconto dei primi avventati esperimenti del ragazzo si intersecano altre storie fitte di echi allegorici, quasi degli exempla, a conferma del carattere non autoreferenziale delle prove letterarie di Lilin. Così, nell’apprendistato del giovane tatuatore Kolima, attraverso la costruzione di un vero e proprio apparato iconografico stampato sulla pelle dei suoi santi-criminali in cui ciascuno ha la propria insegna, si riconosce il clima della bottega dell’artista: come un moderno Giotto, o come un Michelangelo, mostra il suo talento e viene accolto sotto la rude ma necessaria ala protettiva del maestro.
Intorno a questo perno girano decine di vicende in tutto il libro, ma in questo racconto il procedimento viene reso esplicito a livello metanarrativo: ogni storia ha un’altra storia dentro, in un meccanismo a scatola cinese o a matrioska, e ogni racconto mostra un’umanità diversa ma sempre marchiata profondamente dalla volontà di esistere in una continua affabulazione.
Ignazio Tarantino (scrittore e critico d’arte)
- Ultimo aggiornamento venerdì, 21 marzo 2014
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