Stalin + Bianca
Capita di leggere dei libri non così facilmente catalogabili, il che a volte (come in questo caso) è un bene. È bello quando possiamo uscire almeno per un po’ dagli schemi predefiniti, da noi o da altri. "Stalin + Bianca" è un romanzo, ma non esattamente; è una fiaba moderna, ma non del tutto; è una dark novel, ma solo in parte; è un romanzo di formazione? Non credo; è letteratura di viaggio? No. È una storia che ha dentro un viaggio che sta all’interno di un viaggio più grande che è la giovinezza. Un viaggio che ha a che fare con l’intimo, con la parte più cupa e sola dei protagonisti e con quella più libera e romantica. È una storia che va veloce come una macchina da presa come quella di Stalin, il protagonista, che vuole fare un film. Un film su un viaggio mentre il viaggio si svolge. Una film su una fuga intanto che la fuga si realizza. Un film sugli incontri e sull’amicizia, mentre nascono e finiscono. Un film veloce sulle domande quando si fanno e non c’è tempo di aspettare le risposte. Un film d’amore perché è amore.
Iacopo Barison ha scritto una storia bella e non è poco. Il tempo in cui i fatti accadono pare essere un futuro non troppo lontano, un futuro che oscilla tra la paura e la speranza. Stalin è un soprannome che arriva dai baffi che uno dei due protagonisti porta. Il ragazzo ha problemi psichici, fin da quando era piccolo: non riesce a trattenere la rabbia. Bianca, la sua amica, la sua ragazza, è cieca. Lui riprende ogni cosa con la telecamera, lei scrive poesie. Sono due personaggi molto riusciti questi ragazzi, deboli e forti contemporaneamente, tanto fragili e coraggiosi da voler loro bene. Andranno in fuga (Stalin durante un litigio colpisce il patrigno e crede di averlo ucciso) portandosi dietro le proprie paure. In alcuni passaggi sembra che sia Bianca quella che abbia più bisogno di protezione, ma si vedrà poi che è un gioco alla pari. In quel tempo, in quella terra scoperta che è la giovinezza, l’uno è indispensabile all’altra. Barison è scrittore giovane e bravo, e sa dove risiedono le paure dei ragazzi come sa che sono sempre compensate dall’incoscienza.
Il punto chiave del libro non è rappresentato dal fatto che Stalin realizzi o meno il film. Il punto è il film, sono i montatori. Sono il ciak e l’azione. Il punto è la commozione. Le pagine più belle sono quelle in cui i personaggi stanno per conto proprio, in quei momenti solitari viene fuori la fragilità cui accennavo prima, che poi è la stessa per tutti i ventenni, di ogni tempo, spazio o luogo.
"Stalin + Bianca" non è un debutto per Barison, ma di sicuro rappresenta un passo importante, potremmo definirlo il primo passo verso la conferma, e promette molto bene anche la collana di narrativa di Tunué, nata da pochi mesi e diretta da Vanni Santoni. Il libro si legge molto rapidamente e piacevolmente, ora tocca inventarsi una categoria, un po’ per gioco e un po’ per essere serissimi. Facciamo che questa sia una fiaba in presa diretta, come se Oliver Stone invece di "Natural Born Killers" avesse girato una favola dei fratelli Grimm nel 2020.
Gianni Montieri (poeta e critico, in collaborazione con Poetarum Silva)
Il libro è stato promosso nell'ambito del progetto Bibliodiversità della Biblioteca San Giorgio
-
Ultimo aggiornamento venerdì, 17 novembre 2017
Inserisci il tuo commento
Commenti
Nessuno ha aggiunto ancora un commento in questa pagina.
Feed RSS per i commenti in questa pagina |
Feed RSS per tutti i commenti
Capita di leggere dei libri non così facilmente catalogabili, il che a volte (come in questo caso) è un bene. È bello quando possiamo uscire almeno per un po’ dagli schemi predefiniti, da noi o da altri. "Stalin + Bianca" è un romanzo, ma non esattamente; è una fiaba moderna, ma non del tutto; è una dark novel, ma solo in parte; è un romanzo di formazione? Non credo; è letteratura di viaggio? No. È una storia che ha dentro un viaggio che sta all’interno di un viaggio più grande che è la giovinezza. Un viaggio che ha a che fare con l’intimo, con la parte più cupa e sola dei protagonisti e con quella più libera e romantica. È una storia che va veloce come una macchina da presa come quella di Stalin, il protagonista, che vuole fare un film. Un film su un viaggio mentre il viaggio si svolge. Una film su una fuga intanto che la fuga si realizza. Un film sugli incontri e sull’amicizia, mentre nascono e finiscono. Un film veloce sulle domande quando si fanno e non c’è tempo di aspettare le risposte. Un film d’amore perché è amore.
Iacopo Barison ha scritto una storia bella e non è poco. Il tempo in cui i fatti accadono pare essere un futuro non troppo lontano, un futuro che oscilla tra la paura e la speranza. Stalin è un soprannome che arriva dai baffi che uno dei due protagonisti porta. Il ragazzo ha problemi psichici, fin da quando era piccolo: non riesce a trattenere la rabbia. Bianca, la sua amica, la sua ragazza, è cieca. Lui riprende ogni cosa con la telecamera, lei scrive poesie. Sono due personaggi molto riusciti questi ragazzi, deboli e forti contemporaneamente, tanto fragili e coraggiosi da voler loro bene. Andranno in fuga (Stalin durante un litigio colpisce il patrigno e crede di averlo ucciso) portandosi dietro le proprie paure. In alcuni passaggi sembra che sia Bianca quella che abbia più bisogno di protezione, ma si vedrà poi che è un gioco alla pari. In quel tempo, in quella terra scoperta che è la giovinezza, l’uno è indispensabile all’altra. Barison è scrittore giovane e bravo, e sa dove risiedono le paure dei ragazzi come sa che sono sempre compensate dall’incoscienza.
Il punto chiave del libro non è rappresentato dal fatto che Stalin realizzi o meno il film. Il punto è il film, sono i montatori. Sono il ciak e l’azione. Il punto è la commozione. Le pagine più belle sono quelle in cui i personaggi stanno per conto proprio, in quei momenti solitari viene fuori la fragilità cui accennavo prima, che poi è la stessa per tutti i ventenni, di ogni tempo, spazio o luogo.
"Stalin + Bianca" non è un debutto per Barison, ma di sicuro rappresenta un passo importante, potremmo definirlo il primo passo verso la conferma, e promette molto bene anche la collana di narrativa di Tunué, nata da pochi mesi e diretta da Vanni Santoni. Il libro si legge molto rapidamente e piacevolmente, ora tocca inventarsi una categoria, un po’ per gioco e un po’ per essere serissimi. Facciamo che questa sia una fiaba in presa diretta, come se Oliver Stone invece di "Natural Born Killers" avesse girato una favola dei fratelli Grimm nel 2020.
Gianni Montieri (poeta e critico, in collaborazione con Poetarum Silva)
Il libro è stato promosso nell'ambito del progetto Bibliodiversità della Biblioteca San Giorgio
- Ultimo aggiornamento venerdì, 17 novembre 2017
Inserisci il tuo commento
Commenti
Nessuno ha aggiunto ancora un commento in questa pagina.
Feed RSS per i commenti in questa pagina | Feed RSS per tutti i commenti