Sofia si veste sempre di nero
Sofia si veste sempre di nero di Paolo Cognetti è un libro notevole in virtù di una efficacia percettiva oltre che narrativa della sua scrittura. I dieci quadri narrativi che compongono il libro disegnano un insieme davvero efficace, proprio perché oscillano tra l’ambizione del romanzo, mancato, e una tessitura di luci e trame, vivamente autonome fra loro ma con richiami dall’una all’altra, svelando come oggi sia ancora possibile a chi narra la scelta del “romanzo“ di formazione e di educazione, consacrata a suo tempo dalla più alta tradizione del moderno, in Occidente. Naturalmente, non è un’operazione che possa venir compiuta in forma di linearità passiva e ripetitiva: per esempio, il plot non può in alcun modo (nemmeno in virtù del migliore artificio) apparire unitario né svolgersi lungo assi temporali e spaziali solo esteriormente coerenti, come accade invece in moltissimi “romanzi” contemporanei. Anche per questo, Cognetti è davvero molto bravo a tratteggiare e render viva la sua riuscitissima protagonista femminile, Sofia, secondo princìpi assai diramati e distinti di varietà psicologica e morale, caratteriale e comportamentale, dialogica e storica.
Nel racconto "Quando l’anarchia verrà", uno dei più riusciti del volume, Cognetti disegna con somma coerenza e credibilità un prezioso frammento di teatro nel teatro. La parola vi è convocata a farsi concreta, a divenire essa stessa corpo, grazie anche a un esercizio di alta tecnica narratologica che gli fa (auto)definire Sofia secondo un “tu” davvero efficace, distanziandone ma insieme rappresentandone dall’interno il viluppo denso e opaco, assieme vitale e tragico, di corpo e anima. Assaggiare e toccare con le mani è una metafora del teatro che diviene emblema di una visione del mondo, nella quale sono le percezioni concrete e non un’idealità astratta a sedimentarsi in esperienza e cognizione profonda di storia e memoria, pathos e destino. L’arte, allora, coopera con la natura, la ragazza sovrana degli alberi nella sua Lagobello restituisce energia e vita ai materiali di risulta della periferia notturna di Milano, tra istinto combinatorio di una trouvaille surrealista o informale e autentica pulsione d’amore, fino alla magnifica autodefinizione che dal carattere di Sofia può essere trasferita senza mediazione allo stato “postumano” dell’intera nostra specie, oggi: “una mongolfiera dentro una gabbia”.
Alberto Bertoni (poeta e critico, membro della giuria del Premio Letterario Internazionale Ceppo Pistoia)
Il libro è stato promosso nell'ambito del progetto Bibliodiversità della Biblioteca San Giorgio
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Ultimo aggiornamento venerdì, 26 maggio 2017
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Sofia si veste sempre di nero di Paolo Cognetti è un libro notevole in virtù di una efficacia percettiva oltre che narrativa della sua scrittura. I dieci quadri narrativi che compongono il libro disegnano un insieme davvero efficace, proprio perché oscillano tra l’ambizione del romanzo, mancato, e una tessitura di luci e trame, vivamente autonome fra loro ma con richiami dall’una all’altra, svelando come oggi sia ancora possibile a chi narra la scelta del “romanzo“ di formazione e di educazione, consacrata a suo tempo dalla più alta tradizione del moderno, in Occidente. Naturalmente, non è un’operazione che possa venir compiuta in forma di linearità passiva e ripetitiva: per esempio, il plot non può in alcun modo (nemmeno in virtù del migliore artificio) apparire unitario né svolgersi lungo assi temporali e spaziali solo esteriormente coerenti, come accade invece in moltissimi “romanzi” contemporanei. Anche per questo, Cognetti è davvero molto bravo a tratteggiare e render viva la sua riuscitissima protagonista femminile, Sofia, secondo princìpi assai diramati e distinti di varietà psicologica e morale, caratteriale e comportamentale, dialogica e storica.
Nel racconto "Quando l’anarchia verrà", uno dei più riusciti del volume, Cognetti disegna con somma coerenza e credibilità un prezioso frammento di teatro nel teatro. La parola vi è convocata a farsi concreta, a divenire essa stessa corpo, grazie anche a un esercizio di alta tecnica narratologica che gli fa (auto)definire Sofia secondo un “tu” davvero efficace, distanziandone ma insieme rappresentandone dall’interno il viluppo denso e opaco, assieme vitale e tragico, di corpo e anima. Assaggiare e toccare con le mani è una metafora del teatro che diviene emblema di una visione del mondo, nella quale sono le percezioni concrete e non un’idealità astratta a sedimentarsi in esperienza e cognizione profonda di storia e memoria, pathos e destino. L’arte, allora, coopera con la natura, la ragazza sovrana degli alberi nella sua Lagobello restituisce energia e vita ai materiali di risulta della periferia notturna di Milano, tra istinto combinatorio di una trouvaille surrealista o informale e autentica pulsione d’amore, fino alla magnifica autodefinizione che dal carattere di Sofia può essere trasferita senza mediazione allo stato “postumano” dell’intera nostra specie, oggi: “una mongolfiera dentro una gabbia”.
Alberto Bertoni (poeta e critico, membro della giuria del Premio Letterario Internazionale Ceppo Pistoia)
Il libro è stato promosso nell'ambito del progetto Bibliodiversità della Biblioteca San Giorgio
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