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Sillabari

 

Nell'agosto di venticinque anni fa moriva prematuramente, non ancora sessantenne, Goffredo Parise, il più anti-ideologico degli scrittori italiani dell'immediato dopoguerra. Dotato di un'intelligenza unica per la capacità di evitare conformismi e banalità, a lui si deve, con la pubblicazione dei due volumi dei Sillabari, la più silenziosa rivoluzione della narrativa italiana negli anni Settanta.

Stanco di tutte quelle parole brutte, difficili, che in definitiva non significano nulla e che eppure si udivano spesso in quel tempo - amava raccontare lo stesso autore - «sentivo una grande necessità di parole semplici.» Così un giorno, sbirciando da dietro le spalle di un bambino che stava leggendo un sillabario su una panchina, lesse la frase "l'erba è verde". «Mi parve una frase molto bella e poetica, nella sua semplicità ma anche nella sua logica. C'era la vita in quell' erba è verde, e l'essenzialità della vita e anche della poesia».

Da quella freschezza nacque l'ispirazione di queste prose, o forse poesie in prosa, ancora oggi miracolose per il lettore che le scopra per la prima volta. Una parola per titolo e ogni parola un racconto, in ordine alfabetico, come un dizionario dei sentimenti e delle cose, a volte piccole a volte grandi: Amore, Affetto, Altri, Amicizia, Anima... I racconti (usciti periodicamente sul Corriere della Sera, dal 1971 al 1980, e poi riuniti in due volumi successivi), nei progetti dell'autore, avrebbero dovuto coprire tutto l'alfabeto ma il secondo libro si interrompe invece, definitivamente, con il racconto Solitudine perché - e la stessa ammissione di Parise è un culmine di poesia - «alla lettera S la poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore, quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita, soprattutto come l'amore».

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Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)

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