Salva con nome
In collaborazione con il Premio letterario Internazionale Ceppo Pistoia, proponiamo le motivazioni dei tre vincitori dell'edizione 2013, dedicata alla poesia.
Antonella Anedda vince il Premio Selezione Ceppo Poesia con Salva con nome, un libro singolarmente sospeso tra sogno e memoria, eppure mai nostalgico, tutto racchiuso in questo distico: “Basta un sogno sbagliato / e la luce rode dove non c’è riparo”. A partire da un’affermazione di pura valenza filosofica come “Il nome è una tragedia senza sangue che si consuma quotidianamente”, Antonella Anedda tocca con questo libro uno dei più ardui (e rari) vertici espressivi cui la parola poetica può oggi aspirare: ridare fondamento alle cose e alle persone che le animano e le abitano attraverso quei centri di energia pulsante e di autentico dialogo che sono le parole. A patto che queste parole siano filtrate e orchestrate in un testo plurale e polifonico di alto valore evocativo, di abissale profondità onirica e di compimento tutto percettivo quale in definitiva è Salva con nome.
La poesia di Anedda, da almeno un ventennio una delle voci meglio compiute della generazione nata negli anni Cinquanta, riconosce a se stessa il compito e la necessità di ricucire le esperienze slabbrate della vita, riconnettendole in nuovi insiemi dove possono sovrapporsi e interagire sogno e realtà, passato e presente, corpo e mente, pensiero e azione, memoria familiare e cronaca dell’oggi. Non a caso, infatti, è l’ago il più originale correlativo oggettivo del libro. Da questo punto di vista, è davvero efficace la precisione formale attraverso cui l’autrice romana di origine sarda persegue e realizza il suo obiettivo: una poesia a tecnica mista, nella quale s’intarsiano con equilibrio mirabile versi e prose, foto in bianco e nero e grafemi tratti dal web, la lingua sarda e un italiano che sa abbracciare – nei diversi capitoli del testo – gli estremi di un’alta ascendenza letteraria e di un parlato-parlato tutto legato a una quotidianità vigile e quasi ossessionata dalla contingenza dei dettagli. Né deve poi stupire che il libro raggiunga il proprio zenit nella forma del coro, perché la sua vocazione profonda non è di matrice soggettiva, semmai di intenzione radicalmente e positivamente conoscitiva.
Alberto Bertoni (poeta e critico, Università di Bologna)
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Ultimo aggiornamento venerdì, 7 marzo 2014
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Antonella Anedda vince il Premio Selezione Ceppo Poesia con Salva con nome, un libro singolarmente sospeso tra sogno e memoria, eppure mai nostalgico, tutto racchiuso in questo distico: “Basta un sogno sbagliato / e la luce rode dove non c’è riparo”. A partire da un’affermazione di pura valenza filosofica come “Il nome è una tragedia senza sangue che si consuma quotidianamente”, Antonella Anedda tocca con questo libro uno dei più ardui (e rari) vertici espressivi cui la parola poetica può oggi aspirare: ridare fondamento alle cose e alle persone che le animano e le abitano attraverso quei centri di energia pulsante e di autentico dialogo che sono le parole. A patto che queste parole siano filtrate e orchestrate in un testo plurale e polifonico di alto valore evocativo, di abissale profondità onirica e di compimento tutto percettivo quale in definitiva è Salva con nome.
La poesia di Anedda, da almeno un ventennio una delle voci meglio compiute della generazione nata negli anni Cinquanta, riconosce a se stessa il compito e la necessità di ricucire le esperienze slabbrate della vita, riconnettendole in nuovi insiemi dove possono sovrapporsi e interagire sogno e realtà, passato e presente, corpo e mente, pensiero e azione, memoria familiare e cronaca dell’oggi. Non a caso, infatti, è l’ago il più originale correlativo oggettivo del libro. Da questo punto di vista, è davvero efficace la precisione formale attraverso cui l’autrice romana di origine sarda persegue e realizza il suo obiettivo: una poesia a tecnica mista, nella quale s’intarsiano con equilibrio mirabile versi e prose, foto in bianco e nero e grafemi tratti dal web, la lingua sarda e un italiano che sa abbracciare – nei diversi capitoli del testo – gli estremi di un’alta ascendenza letteraria e di un parlato-parlato tutto legato a una quotidianità vigile e quasi ossessionata dalla contingenza dei dettagli. Né deve poi stupire che il libro raggiunga il proprio zenit nella forma del coro, perché la sua vocazione profonda non è di matrice soggettiva, semmai di intenzione radicalmente e positivamente conoscitiva.
Alberto Bertoni (poeta e critico, Università di Bologna)
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