Prenditi cura di me
"Recami sa raccontare e sa scrivere molto bene. Con un pugno di personaggi dai destini intrecciati sta costruendo un mondo intero" ha detto Andrea Camilleri a proposito dell'autore fiorentino che fra pochi giorni darà alle stampe "Il diario segreto del cuore", settimo romanzo ambientato nella casa di ringhiera.
Recami sta costruendo un mondo, è vero, ma lo costruisce per poi dissezionarlo con l'oggettività di uno scienziato. Crea situazioni, vicende, squarci di realtà, per poi smembrarli e analizzarne con distacco i personaggi, di cui mostra, senza alcuna compassione, debolezze e meschinità.
A tal proposito, mi sembra particolarmente significativo Prenditi cura di me, romanzo uscito per la casa editrice Sellerio nel 2010, in cui l'autore pone sotto la sua lente d'ingrandimento il rapporto fra una madre e suo figlio.
Siamo a Firenze, ma in un contesto ben distante dalle stereotipate immagini da cartolina. Lontani dall'eleganza e dalla ricchezza artistica del centro storico, Recami ci introduce in una Firenze grigia, attraversata da un traffico caotico e raffigurata nel degrado delle sue periferie indistriali.
È questo il panorama fiorentino di cui Stefano Maltinti gode ogni giorno, a bordo del suo furgone.
A quarant'anni non è riuscito a concludere granchè nella sua vita e, dopo aver fallito sia come marito che come imprenditore, si riduce a fare il trasportatore vinicolo con partita IVA, sempre sommerso da problematiche e debiti. Debiti che potrebbe estinguere se riuscisse a mettere mano sul conto bancario della madre. Ma "la Marta"continua a rimandare la spigolosa questione dell'eredità e questo continuo procrastinare genera fra i due una frattura sempre più profonda.
Questi i protagonisti della vicenda, madre e figlio, divisi da una delega bancaria che ha finito per regolare la natura del loro rapporto.
Poi, all'improvviso, la situazione sembra giungere ad un punto di svolta. Un messaggio, poche parole: «La Marta è in ospedale a Ponte a Niccheri. Forse ha avuto un ictus».
Se la madre morisse, Stefano potrebbe ereditare tutti i suoi averi e rifarsi una vita, se rimanesse in stato vegetativo, sarebbe più complicato ma potrebbe comunque affidarla a qualche istituto e gestire liberamente il suo denaro.
Ma... son pensieri da avere in momenti come questo?
Eppure sembra non esserci spazio per altro nel turbine di pensieri in cui l'uomo si perde durante le ore in sala d'aspetto che lo separano dalla verità. Una verità che Stefano fa fatica ad accettare: non solo la madre è sopravvissuta ma, da quel momento in poi, necessita di cure e attenzioni costanti. Un improvviso ribaltamento di ruoli, un compito avvilente, un enorme peso che non sa come sopportare.
Quando la sera andò dalla mamma, la sua prima reazione fu un desiderio violento di andarsene via, di non essere lì, di avere altro da fare. [...] Non reggeva l'urto di quell'ambiente, dell'aspetto della mamma, e dell'ipotesi che la situazione rimanesse più o meno questa, con la mamma che [...] era ancora viva, da governare e da accudire. Le persone che andavano a visitare gli anziani messi molto male [...] erano quasi tutte donne, e Stefano si trovava in difficoltà per questo. Si chiedeva che cosa lui ci stesse a fare lì, erano mestieri da donna. Eppure la Marta aveva solo lui, e questo a Stefano pesava immensamente, adesso.
Prenditi cura di me è un titolo che può trarre in inganno. Ha un suono dolce e sembra annunciare una storia intrisa di una qualche forma di amore. Ma qui è il bisogno materiale a prevalere sul resto.
Alle prese con un personale medico superficiale e servizi sociali inefficienti, nel disperato tentativo di tenere insieme le fila della sua caotica esistenza, Stefano, costretto ad una convivenza indesiderata, non poteva far altro che comportarsi come se volesse bene a quel pezzo di merda. Si trovava prorpio nella situazione di chi ha la responsabilità di qualcuno o qualcosa senza volerla.
Il rancore per la madre, ritenuta ostacolo di ogni progetto e responsabile di ogni fallimento, cresce a dismisura. Poi Stefano ottiene finalmente la tanto agognata delega bancaria, le cose cominciano a procedere nella giusta direzione, la tensione fra i due sembra attutirsi...
Sembrerebbe trattarsi di un lieto fine ma, in linea con il pessimismo che pervade l'intero romanzo, l'autore riserva un'ultima, decisiva stoccata per il finale.
Incisivo, dissacrante, disincantato, Recami mette a nudo meccanismi psicologici e sentimenti tanto eticamente discutibili quanto veri e diffusi.
Greta Fantechi
-
Ultimo aggiornamento lunedì, 22 ottobre 2018
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"Recami sa raccontare e sa scrivere molto bene. Con un pugno di personaggi dai destini intrecciati sta costruendo un mondo intero" ha detto Andrea Camilleri a proposito dell'autore fiorentino che fra pochi giorni darà alle stampe "Il diario segreto del cuore", settimo romanzo ambientato nella casa di ringhiera.
Recami sta costruendo un mondo, è vero, ma lo costruisce per poi dissezionarlo con l'oggettività di uno scienziato. Crea situazioni, vicende, squarci di realtà, per poi smembrarli e analizzarne con distacco i personaggi, di cui mostra, senza alcuna compassione, debolezze e meschinità.
A tal proposito, mi sembra particolarmente significativo Prenditi cura di me, romanzo uscito per la casa editrice Sellerio nel 2010, in cui l'autore pone sotto la sua lente d'ingrandimento il rapporto fra una madre e suo figlio.
Siamo a Firenze, ma in un contesto ben distante dalle stereotipate immagini da cartolina. Lontani dall'eleganza e dalla ricchezza artistica del centro storico, Recami ci introduce in una Firenze grigia, attraversata da un traffico caotico e raffigurata nel degrado delle sue periferie indistriali.
È questo il panorama fiorentino di cui Stefano Maltinti gode ogni giorno, a bordo del suo furgone.
A quarant'anni non è riuscito a concludere granchè nella sua vita e, dopo aver fallito sia come marito che come imprenditore, si riduce a fare il trasportatore vinicolo con partita IVA, sempre sommerso da problematiche e debiti. Debiti che potrebbe estinguere se riuscisse a mettere mano sul conto bancario della madre. Ma "la Marta"continua a rimandare la spigolosa questione dell'eredità e questo continuo procrastinare genera fra i due una frattura sempre più profonda.
Questi i protagonisti della vicenda, madre e figlio, divisi da una delega bancaria che ha finito per regolare la natura del loro rapporto.
Poi, all'improvviso, la situazione sembra giungere ad un punto di svolta. Un messaggio, poche parole: «La Marta è in ospedale a Ponte a Niccheri. Forse ha avuto un ictus».
Se la madre morisse, Stefano potrebbe ereditare tutti i suoi averi e rifarsi una vita, se rimanesse in stato vegetativo, sarebbe più complicato ma potrebbe comunque affidarla a qualche istituto e gestire liberamente il suo denaro.
Ma... son pensieri da avere in momenti come questo?
Eppure sembra non esserci spazio per altro nel turbine di pensieri in cui l'uomo si perde durante le ore in sala d'aspetto che lo separano dalla verità. Una verità che Stefano fa fatica ad accettare: non solo la madre è sopravvissuta ma, da quel momento in poi, necessita di cure e attenzioni costanti. Un improvviso ribaltamento di ruoli, un compito avvilente, un enorme peso che non sa come sopportare.
Quando la sera andò dalla mamma, la sua prima reazione fu un desiderio violento di andarsene via, di non essere lì, di avere altro da fare. [...] Non reggeva l'urto di quell'ambiente, dell'aspetto della mamma, e dell'ipotesi che la situazione rimanesse più o meno questa, con la mamma che [...] era ancora viva, da governare e da accudire. Le persone che andavano a visitare gli anziani messi molto male [...] erano quasi tutte donne, e Stefano si trovava in difficoltà per questo. Si chiedeva che cosa lui ci stesse a fare lì, erano mestieri da donna. Eppure la Marta aveva solo lui, e questo a Stefano pesava immensamente, adesso.
Prenditi cura di me è un titolo che può trarre in inganno. Ha un suono dolce e sembra annunciare una storia intrisa di una qualche forma di amore. Ma qui è il bisogno materiale a prevalere sul resto.
Alle prese con un personale medico superficiale e servizi sociali inefficienti, nel disperato tentativo di tenere insieme le fila della sua caotica esistenza, Stefano, costretto ad una convivenza indesiderata, non poteva far altro che comportarsi come se volesse bene a quel pezzo di merda. Si trovava prorpio nella situazione di chi ha la responsabilità di qualcuno o qualcosa senza volerla.
Il rancore per la madre, ritenuta ostacolo di ogni progetto e responsabile di ogni fallimento, cresce a dismisura. Poi Stefano ottiene finalmente la tanto agognata delega bancaria, le cose cominciano a procedere nella giusta direzione, la tensione fra i due sembra attutirsi...
Sembrerebbe trattarsi di un lieto fine ma, in linea con il pessimismo che pervade l'intero romanzo, l'autore riserva un'ultima, decisiva stoccata per il finale.
Incisivo, dissacrante, disincantato, Recami mette a nudo meccanismi psicologici e sentimenti tanto eticamente discutibili quanto veri e diffusi.
Greta Fantechi
- Ultimo aggiornamento lunedì, 22 ottobre 2018
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