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Nati due volte

 

«Quando Einstein, alla domanda del passaporto, risponde "razza umana", non ignora le differenze, le omette in un orizzonte più ampio, che le include e le supera. È questo il paesaggio che si deve aprire: sia a chi fa della differenza una discriminazione, sia a chi, per evitare una discriminazione, nega la differenza» (G. Pontiggia)

In Nati due volte Giuseppe Pontiggia - scrittore curioso delle vite ordinarie, di quella trama di eventi straordinari che si addensano nella quotidianità meno appariscente - torna a confrontarsi con il tema della normalità (una famiglia come tante, una vita borghese) che entra però, drammaticamente, in rapporto con la sua negazione. Il libro, che vagamente arieggia una situazione autobiografica, racconta, infatti, la storia di Paolo, disabile fin da quando è venuto al mondo per una lesione cerebrale provocata dal forcipe, che gli ha compromesso, non le facoltà intellettive, ma i centri motori e quelli del linguaggio. Attraverso la voce di un io narrante che è il padre del protagonista, il racconto segue, per tappe, due percorsi non del tutto paralleli: l'evoluzione di Paolo, attraverso un faticosissimo viatico fatto di ginnastica ossessiva, encefalogrammi, diagnosi di psicologi e neurologi (spesso non all'altezza della loro professione, o di una semplice dimensione umana) verso conquiste che smussano, a poco a poco, l'asperità dei suoi rapporti col mondo e ce lo rivelano al contrario, portatore sano di un misterioso, irriducibile, amor vitae; e l'educazione del padre, anche lui disabile, non nel corpo ma nei sentimenti, che misura le reazioni proprie e altrui di fronte al continuo shock della diversità. Così, la seconda nascita, a cui si riferisce il titolo, coinvolge non solo il figlio disabile, ma anche i genitori impegnati a ridefinire di continuo il senso ed i confini della cosiddetta "normalità". "Normale" è dunque una parola chiave del libro, dove ricorre spesso, e spesso con lievi spostamenti di significato, così come ancor più cangiante si rivela il concetto stesso di normalità, come mostra la riflessione che occupa l'intero capitolo intitolato appunto, Che cos'è normale? Nonostante la difficoltà dell'argomento, grazie anche ad un linguaggio limpido e semplice, che privilegia magicamente la commedia rispetto alla tragedia - senza però mai cancellare la seconda - il romanzo risulta di una leggibilità assoluta e di un impatto emotivo fortissimo.

Ilaria (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)

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