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Mia inquieta Vanessa

 

Vanessa ha quindici anni e frequenta il secondo anno di una scuola superiore privata nel Maine, dove gli inverni sono lunghi e freddi. Lì vive in un dormitorio lontano dalla casa dei suoi genitori ed è quasi sempre sola, dopo che un litigio ha imposto il silenzio tra lei e la sua migliore amica. È in questo contesto che Jacob Strane, severo professore quarantenne del corso di letteratura avanzata, laureato ad Harvard, si accorge di lei. Numerosi complimenti sulle sue doti letterarie si trasformano in apprezzamenti sul suo modo di vestire e sul suo corpo. Il suo interesse esonda con piccoli gesti, dalla mano su un ginocchio al prestito di libri della propria libreria, che Vanessa divora. Tra questi, una copia di Lolita colma di annotazioni personali. Come in un thriller psicologico, il lettore assiste al divario tra la propria interpretazione dei fatti e quella della protagonista, attendendo che queste si sovrappongano. Ma è proprio l’ambiguità di Vanessa a creare un grande spazio di dialogo, in cui si confrontano posizioni opposte su temi come il consenso, l’atto del denunciare in contesti sia pubblici che privati, la spinta alla sorellanza tra vittime e la loro colpevolizzazione, lo sfruttamento mediatico, il tribunale dell’opinione pubblica, che non riesce ad accettare sfumature complesse schierandosi solo in posizioni estreme.

 

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