Lo splendore casuale delle meduse
"Lo splendore casuale delle meduse" di Judith Schalansky
Il romanzo finalista al prestigioso premio letterario tedesco Buchpreis 2011, edito in Italia da Nottetempo, è un gioiellino editoriale arricchito dalle illustrazioni della stessa autrice e designer tedesca Judith Schalansky. L’affascinante titolo Lo splendore casuale delle meduse - che liberamente traduce il titolo originale "Der Hals der Giraffe = Il collo della giraffa" - trova una sua giustificazione attraverso la lettura di alcuni passi significativi del testo in cui si celebra la perfezione e la bellezza della natura.
È infatti questo il filo rosso del romanzo, la cui trama si riassume brevemente: la protagonista Inge Lohmark è una professoressa che insegna biologia in una scuola dell’ex DDR. La biologia non è solo la sua materia ma è anche la lente attraverso cui osserva il mondo, quello piccolo della sua classe e quello grande della riunificazione delle due Germanie. Nel romanzo non accadono eventi di rilievo; vengono raccontati episodi di vita scolastica e la visione del mondo della professoressa Lohmark, che ha un approccio darwinista e rigidamente scientista secondo cui la vita altro non è che una lotta per la sopravvivenza dove a prevalere sono sempre i più forti. Intransigente e rigorosa, la professoressa dà del lei a tutti i suoi alunni, non incoraggia i più lenti, perché sono parassiti nel corpo della classe, e non difende i più deboli, perché la selezione è un meccanismo obbligatorio per l’evoluzione della specie, né sollecita la creatività dei suoi alunni, perché quest’ultima non è né misurabile né dimostrabile.
Non valeva la pena trascinarsi appresso i più deboli. Erano un peso morto che impedivano agli altri di avanzare. Recidivi nati. Agenti parassiti dell’organismo sano della classe. Prima o poi i meno svegli sarebbero stati tagliati fuori in ogni caso. Conveniva metterli di fronte alla verità il prima possibile, invece di dare loro una nuova chance a ogni fallimento. Non potevano farcela tutti. Perché mai avrebbero dovuto? I buoni a nulla c’erano in ogni classe. In certi casi era già tanto se si riusciva ad addestrarli a qualche virtù basilare. Cortesia, puntualità, precisione.
È facilmente intuibile che un personaggio letterario del genere sia uno dei più antipatici della letteratura: eppure dietro questa durezza e intransigenza si cela una donna dai tratti umani che ha dovuto soccombere ad una vita privata disastrata, con un marito allevatore di struzzi ormai estraneo e una figlia ancora più estranea che l’ha abbandonata per andare a vivere lontano da lei negli Stati Uniti. Alla fine del romanzo scopriamo che anche l’applicazione del darwinismo e delle dure leggi di natura sono destinate a infrangersi contro il sorgere di un sentimento, una simpatia illogica e ingiustificata nei confronti di un’alunna. Questo inaspettato terremoto emotivo destabilizza la professoressa Lohmark, insieme alle critiche che le muove il preside circa la sua eccessiva inoperosità di fronte a delle angherie subite da un alunno.
“Un’alunna della tua classe viene vessata e martoriata da settimane, forse anche da mesi, e tu vuoi venirmi a raccontare che non hai notato nulla?"
Si sentiva ancora che quello era l’Est. Sarebbe stato così anche tra cinquant’anni. Per rielaborare una relazione serve il doppio di quanto è durata. […]. Non si trattava mica di una catastrofe, neppure dell’impatto di un piccolo meteorite. Era soltanto il declino. Tocca sempre a qualcuno. Dinamiche di gruppo.
Come si legge in quest’ultime righe, parallelamente al crollo psicologico della professoressa Lohmark vi è il crollo della Germania orientale, le cui vicende politiche ed economiche vengono compenetrate da questa continua ossessione della biologia. L’unico fronte su cui la biologia della Lohmark si rivela impotente è quindi quello dei sentimenti, cioè della nascente passione che la professoressa sente verso una sua alunna.
Questa autrice ha il grande talento di riuscire a narrare per l’intero romanzo il flusso di pensieri di una donna che vive in sinergia con la natura: lo fa con una scrittura paratattica, densa di particolari che rimanda ad un continuo alternarsi tra situazioni del passato e quelle del presente. Insomma, se all’inizio del libro la professoressa Inge Lohmark ci sembrava alquanto detestabile, con il passare delle pagine proviamo invece una certa simpatia per lei e per le sue strampalate teorie darwiniste; soprattutto ci accorgiamo che la sua visione biologica dell’esistenza altro non è che uno scudo, una semplificazione per tentare di decifrare la complessità, cifra del suo (e del nostro) momento storico.
Carolina (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento martedì, 30 gennaio 2024
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"Lo splendore casuale delle meduse" di Judith Schalansky
Il romanzo finalista al prestigioso premio letterario tedesco Buchpreis 2011, edito in Italia da Nottetempo, è un gioiellino editoriale arricchito dalle illustrazioni della stessa autrice e designer tedesca Judith Schalansky. L’affascinante titolo Lo splendore casuale delle meduse - che liberamente traduce il titolo originale "Der Hals der Giraffe = Il collo della giraffa" - trova una sua giustificazione attraverso la lettura di alcuni passi significativi del testo in cui si celebra la perfezione e la bellezza della natura.
È infatti questo il filo rosso del romanzo, la cui trama si riassume brevemente: la protagonista Inge Lohmark è una professoressa che insegna biologia in una scuola dell’ex DDR. La biologia non è solo la sua materia ma è anche la lente attraverso cui osserva il mondo, quello piccolo della sua classe e quello grande della riunificazione delle due Germanie. Nel romanzo non accadono eventi di rilievo; vengono raccontati episodi di vita scolastica e la visione del mondo della professoressa Lohmark, che ha un approccio darwinista e rigidamente scientista secondo cui la vita altro non è che una lotta per la sopravvivenza dove a prevalere sono sempre i più forti. Intransigente e rigorosa, la professoressa dà del lei a tutti i suoi alunni, non incoraggia i più lenti, perché sono parassiti nel corpo della classe, e non difende i più deboli, perché la selezione è un meccanismo obbligatorio per l’evoluzione della specie, né sollecita la creatività dei suoi alunni, perché quest’ultima non è né misurabile né dimostrabile.
Non valeva la pena trascinarsi appresso i più deboli. Erano un peso morto che impedivano agli altri di avanzare. Recidivi nati. Agenti parassiti dell’organismo sano della classe. Prima o poi i meno svegli sarebbero stati tagliati fuori in ogni caso. Conveniva metterli di fronte alla verità il prima possibile, invece di dare loro una nuova chance a ogni fallimento. Non potevano farcela tutti. Perché mai avrebbero dovuto? I buoni a nulla c’erano in ogni classe. In certi casi era già tanto se si riusciva ad addestrarli a qualche virtù basilare. Cortesia, puntualità, precisione.
È facilmente intuibile che un personaggio letterario del genere sia uno dei più antipatici della letteratura: eppure dietro questa durezza e intransigenza si cela una donna dai tratti umani che ha dovuto soccombere ad una vita privata disastrata, con un marito allevatore di struzzi ormai estraneo e una figlia ancora più estranea che l’ha abbandonata per andare a vivere lontano da lei negli Stati Uniti. Alla fine del romanzo scopriamo che anche l’applicazione del darwinismo e delle dure leggi di natura sono destinate a infrangersi contro il sorgere di un sentimento, una simpatia illogica e ingiustificata nei confronti di un’alunna. Questo inaspettato terremoto emotivo destabilizza la professoressa Lohmark, insieme alle critiche che le muove il preside circa la sua eccessiva inoperosità di fronte a delle angherie subite da un alunno.
“Un’alunna della tua classe viene vessata e martoriata da settimane, forse anche da mesi, e tu vuoi venirmi a raccontare che non hai notato nulla?"
Si sentiva ancora che quello era l’Est. Sarebbe stato così anche tra cinquant’anni. Per rielaborare una relazione serve il doppio di quanto è durata. […]. Non si trattava mica di una catastrofe, neppure dell’impatto di un piccolo meteorite. Era soltanto il declino. Tocca sempre a qualcuno. Dinamiche di gruppo.
Come si legge in quest’ultime righe, parallelamente al crollo psicologico della professoressa Lohmark vi è il crollo della Germania orientale, le cui vicende politiche ed economiche vengono compenetrate da questa continua ossessione della biologia. L’unico fronte su cui la biologia della Lohmark si rivela impotente è quindi quello dei sentimenti, cioè della nascente passione che la professoressa sente verso una sua alunna.
Questa autrice ha il grande talento di riuscire a narrare per l’intero romanzo il flusso di pensieri di una donna che vive in sinergia con la natura: lo fa con una scrittura paratattica, densa di particolari che rimanda ad un continuo alternarsi tra situazioni del passato e quelle del presente. Insomma, se all’inizio del libro la professoressa Inge Lohmark ci sembrava alquanto detestabile, con il passare delle pagine proviamo invece una certa simpatia per lei e per le sue strampalate teorie darwiniste; soprattutto ci accorgiamo che la sua visione biologica dell’esistenza altro non è che uno scudo, una semplificazione per tentare di decifrare la complessità, cifra del suo (e del nostro) momento storico.
Carolina (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)
- Ultimo aggiornamento martedì, 30 gennaio 2024
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