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Lessico famigliare

La prima volta che ho letto Lessico famigliare ricordo di aver riso molto sul gioco di parole che uno dei fratelli della scrittrice - Mario - soleva ripetere quand'era di buon umore: "il baco del calo del malo; il bico del cilo del milo...". Desumo da questo particolare che la mia prima lettura risalisse ad un'età molto giovanile; eppure ricordo che "Lessico famigliare" mi rimase nel cuore già allora proprio perché mi avvicinò - attraverso l'intrecciarsi di quelle voci - al quid misterioso che caratterizza la famiglia. Ed anche alla rilettura di oggi l'unicità di quelle voci - specie di linguaggio cifrato comprensibile solo a chi lo pratica - con la rete di ricordi che evoca, mi appassiona per la libertà e l'efficacia con cui viene tradotta dalla Ginzburg in una inesauribile autobiografia indiretta. "Una di quelle frasi o parole, ci farebbe riconoscere l'uno con l'altro, noi fratelli, nel buio d'una grotta, fra milioni di persone. Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei giorni andati, sono come i geroglifici degli egiziani e degli assiro-babilonesi, la testimonianza d'un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corrosione del tempo. Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussisterà finché saremo al mondo, ricreandosi e risuscitando nei punti più diversi della terra, quando uno di noi dirà - Egregio signor Lipman, - e subito risuonerà al nostro orecchio la voce impaziente di mio padre: - Finitela con questa storia! L'ho sentita già tante di quelle volte!"

Angela (biblioteca, Biblioteca San Giorgio)

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