Le recensioni dei ragazzi - Roderick Duddle, di Michele Mari
Il divertimento, per me, è consistito nel fatto che io sono riuscito a scrivere questo libro in una miracolosa condizione di semipassività, quasi con lo spirito del lettore più che con lo spirito dell’autore, nel senso che non avevo programmato nulla, non avevo assolutamente idea di dove la vicenda andasse a parare e quindi ho potuto partecipare emotivamente all’avventura con l’ignoranza e l’apprensione del lettore.
La storia è ambientata nell’Inghilterra della seconda metà dell’Ottocento dove, agli aristocratici palazzi e alle sontuose ville, si oppongono i quartieri malfamati abitati dagli umili. Appartiene a quest’ultimi il protagonista del romanzo, Roderick Duddle, giovane di circa dieci anni costretto a servire boccali di birra e cibo presso l’Oca Rossa, una locanda frequentata da vecchi ubriachi e prostitute. Alla morte della madre, Roderick, cacciato da Jones, proprietario del locale, si incammina seguendo il volo dei gabbiani. La storia potrebbe finire qui, ma l’autore utilizza un espediente per dare il via ad una serie di episodi che si intrecciano tra loro, poi si allontanano e infine convergono nuovamente. Roderick possiede infatti un medaglione, ultimo ricordo della madre, che testimonia la sua appartenenza alla nobile e ricca famiglia dei Pemberton. Inizia così una vera e propria caccia al bambino, cui partecipano persone di ogni rango sociale, profondamente diverse tra loro ma con lo stesso scopo, quello di beneficiare di un patrimonio immenso senza esserselo guadagnato: da Jones, uomo senza scrupoli, che assolda due briganti di strada, alla Badessa e a Suor Allison del Convento di St Mary, che affidano la caccia del piccolo ad un terribile sicario di nome Probo. Così Roderick si rifugia sulla Rebecca, la nave del comandante McLynn e intraprende un lungo viaggio che lo porterà lontano dai continui omicidi commessi dai suoi inseguitori e che gli farà assaporare la vita di mare, fatta di fatica e paura. Alla lfine del romanzo, con il ritorno del protagonista a Castelrough, la verità sembra trionfare, con la giustizia che mette tutti gli avvenimenti e gli avventori al posto che si meritano.
Lo spunto da cui parte il libro è piuttosto banale tuttavia l’autore riesce a scrivere un romanzo originale grazie agli episodi che esso contiene, al modo con cui si sviluppano senza raggiungere mai una vera conclusione. Alla fine della lettura, sembra quasi che la vita di Roderick sia ancora sospesa nell’aria, sembra chel'autore Michele Mari debba aggiungere qualcosa per concludere il racconto.
Roderick Duddle è destinato a rimanere nella mente del lettore come un nuovo racconto d’avventura, una rivisitazione in chiave moderna delle opere di Dickens e di Stevenson. L’autore scrive un’opera non autobiografica ma la sua autoreferenzialità non viene meno neppure in questo libro: il protagonista, capace, determinato, intelligente, sveglio, non è altro che lo specchio di Mari, come quest’ultimo ci rivela nelle prime pagine e nell’epilogo. Una caratteristica degna di nota è la prospettiva secondo cui ci viene presentato il mondo esterno: un concentrato di malvagità di fronte al quale l’uomo non cerca di intervenire positivamente, ma preferisce scendere a compromessi. Ciascuno dei personaggi agisce egoisticamente ma non per questo vengono puniti. La storia ha infatti risvolti sorprendenti: il povero Jack, l’unico amico di Roderick, muore inghiottito dal mare; Jones e la Badessa, nonostante la loro malvagia condotta, ottengono parte dell’eredità dei Pemberton; La Fayette resterà in prigione senza aver compiuto alcun reato. È un mondo che non ha pietà per nessuno e che spesso lascia prevalere l’ingiustizia.
Il racconto è costituito da particolari inverosimili gestiti magistralmente dall’autore, capace di risucchiare il lettore in questa storia che diventa persino credibile. Spostando l’attenzione sulla struttura dell’opera, gli episodi occupano ciascuno brevi capitoli di due o tre pagine che si concludono quasi sempre con un colpo di scena. È raro trovare paragrafi contigui circa lo stesso avvenimento. Mari li distribuisce apparentemente in modo confuso: il suo vero scopo è quello di portare parallelamente avanti le azioni di tutti i personaggi; di conseguenza, la trama è complessa ma avvincente, con numerosi filoni narrativi che si intrecciano come in una sequenza filmica. Infine, grazie a questa particolare distribuzione dei capitoli, l’autore inserisce un’elevata quantità di dettagli che permettono alla narrazione di procedere con regolarità. L’ultima, ma non per importante, peculiarità del romanzo, è la presenza di frasi che il narratore scambia direttamente con il lettore, mai abbandonato a sé stesso: leggendo questo libro, sembra di far parte della lunga schiera di personaggi che vengono in contatto con il piccolo Roderick. «Mio paziente e tollerante lettore, che mi hai seguito passo passo fin qui: immagino che sarai stanco, e desideroso di sapere come questa storia va a finire. Cercherò di accontentarti, anche se nessuna storia propriamente finisce mai: se ne conclude un segmento, ma questa apparente cesura è solo una parte di una storia più ampia, che solo per convenzione (o se preferisci, per non impazzire) abbiamo limitato ai casi occorsi a certi personaggi in un limitato lasso di tempo». Roderick Duddle è un’avventura appassionante, coinvolgente e a tratti comica, capace di sorprendere, di divertire e di commuovere allo stesso tempo.
(aa. 2015-2016, Federica Chiti, Classe IV B, Liceo scientifico, Pistoia)
Michele Mari nasce a Milano il 26 dicembre del 1955. Il padre, Enzo Mari, è un designer mentre la madre, Iela Mari, fu una disegnatrice. L’autore insegna Letteratura italiana all'Università Statale di Milano. A partire dal 1992, Mari risiede per lo più a Roma. Nel 1994, scrive il suo primo libro dal titolo L’incubo nel treno regalato al padre in occasione delle festività natalizie. Oltre alle opere in prosa, Michele Mari scrive poesie (Cento poesie d'amore a Ladyhawke) e disegna fumetti negli anni ’70; infine, traduce L’isola del tesoro di Stevenson, Ritorno all’Isola del tesoro di Andrew Motion e il libro XXIV dell’Iliade. Ha giocato nell'Osvaldo Soriano Football Club, la nazionale italiana degli scrittori.
Stile: La sua carriera da scrittore lo vede ispirarsi al pastiche manieristico e tra i suoi autori più rappresentativi, ricordiamo Gadda, Landolfi, Bufalino e Manganelli. Le principali fonti d’ispirazione della complessa e composita scrittura di Michele Mari sono il genere avventuroso di Settecento e Ottocento e la letteratura d’infanzia. Quest’ultima rappresenta il tema centrale di gran parte della sua produzione artistica e l’autore non lo affronta mai con banalità o spensierato incanto, ma sempre con delizia e tormento dolce-amaro. Dai suoi scritti è possibile capire la notevole conoscenza della lingua italiana posseduta da Mari, il quale la utilizza sempre a pieno, creando un tessuto linguistico complesso che ora imprigiona il lettore inesperto, ora affascina quello esperto.
-
Ultimo aggiornamento giovedì, 12 aprile 2018
Il divertimento, per me, è consistito nel fatto che io sono riuscito a scrivere questo libro in una miracolosa condizione di semipassività, quasi con lo spirito del lettore più che con lo spirito dell’autore, nel senso che non avevo programmato nulla, non avevo assolutamente idea di dove la vicenda andasse a parare e quindi ho potuto partecipare emotivamente all’avventura con l’ignoranza e l’apprensione del lettore.
La storia è ambientata nell’Inghilterra della seconda metà dell’Ottocento dove, agli aristocratici palazzi e alle sontuose ville, si oppongono i quartieri malfamati abitati dagli umili. Appartiene a quest’ultimi il protagonista del romanzo, Roderick Duddle, giovane di circa dieci anni costretto a servire boccali di birra e cibo presso l’Oca Rossa, una locanda frequentata da vecchi ubriachi e prostitute. Alla morte della madre, Roderick, cacciato da Jones, proprietario del locale, si incammina seguendo il volo dei gabbiani. La storia potrebbe finire qui, ma l’autore utilizza un espediente per dare il via ad una serie di episodi che si intrecciano tra loro, poi si allontanano e infine convergono nuovamente. Roderick possiede infatti un medaglione, ultimo ricordo della madre, che testimonia la sua appartenenza alla nobile e ricca famiglia dei Pemberton. Inizia così una vera e propria caccia al bambino, cui partecipano persone di ogni rango sociale, profondamente diverse tra loro ma con lo stesso scopo, quello di beneficiare di un patrimonio immenso senza esserselo guadagnato: da Jones, uomo senza scrupoli, che assolda due briganti di strada, alla Badessa e a Suor Allison del Convento di St Mary, che affidano la caccia del piccolo ad un terribile sicario di nome Probo. Così Roderick si rifugia sulla Rebecca, la nave del comandante McLynn e intraprende un lungo viaggio che lo porterà lontano dai continui omicidi commessi dai suoi inseguitori e che gli farà assaporare la vita di mare, fatta di fatica e paura. Alla lfine del romanzo, con il ritorno del protagonista a Castelrough, la verità sembra trionfare, con la giustizia che mette tutti gli avvenimenti e gli avventori al posto che si meritano.
Lo spunto da cui parte il libro è piuttosto banale tuttavia l’autore riesce a scrivere un romanzo originale grazie agli episodi che esso contiene, al modo con cui si sviluppano senza raggiungere mai una vera conclusione. Alla fine della lettura, sembra quasi che la vita di Roderick sia ancora sospesa nell’aria, sembra chel'autore Michele Mari debba aggiungere qualcosa per concludere il racconto.
Roderick Duddle è destinato a rimanere nella mente del lettore come un nuovo racconto d’avventura, una rivisitazione in chiave moderna delle opere di Dickens e di Stevenson. L’autore scrive un’opera non autobiografica ma la sua autoreferenzialità non viene meno neppure in questo libro: il protagonista, capace, determinato, intelligente, sveglio, non è altro che lo specchio di Mari, come quest’ultimo ci rivela nelle prime pagine e nell’epilogo. Una caratteristica degna di nota è la prospettiva secondo cui ci viene presentato il mondo esterno: un concentrato di malvagità di fronte al quale l’uomo non cerca di intervenire positivamente, ma preferisce scendere a compromessi. Ciascuno dei personaggi agisce egoisticamente ma non per questo vengono puniti. La storia ha infatti risvolti sorprendenti: il povero Jack, l’unico amico di Roderick, muore inghiottito dal mare; Jones e la Badessa, nonostante la loro malvagia condotta, ottengono parte dell’eredità dei Pemberton; La Fayette resterà in prigione senza aver compiuto alcun reato. È un mondo che non ha pietà per nessuno e che spesso lascia prevalere l’ingiustizia.
Il racconto è costituito da particolari inverosimili gestiti magistralmente dall’autore, capace di risucchiare il lettore in questa storia che diventa persino credibile. Spostando l’attenzione sulla struttura dell’opera, gli episodi occupano ciascuno brevi capitoli di due o tre pagine che si concludono quasi sempre con un colpo di scena. È raro trovare paragrafi contigui circa lo stesso avvenimento. Mari li distribuisce apparentemente in modo confuso: il suo vero scopo è quello di portare parallelamente avanti le azioni di tutti i personaggi; di conseguenza, la trama è complessa ma avvincente, con numerosi filoni narrativi che si intrecciano come in una sequenza filmica. Infine, grazie a questa particolare distribuzione dei capitoli, l’autore inserisce un’elevata quantità di dettagli che permettono alla narrazione di procedere con regolarità. L’ultima, ma non per importante, peculiarità del romanzo, è la presenza di frasi che il narratore scambia direttamente con il lettore, mai abbandonato a sé stesso: leggendo questo libro, sembra di far parte della lunga schiera di personaggi che vengono in contatto con il piccolo Roderick. «Mio paziente e tollerante lettore, che mi hai seguito passo passo fin qui: immagino che sarai stanco, e desideroso di sapere come questa storia va a finire. Cercherò di accontentarti, anche se nessuna storia propriamente finisce mai: se ne conclude un segmento, ma questa apparente cesura è solo una parte di una storia più ampia, che solo per convenzione (o se preferisci, per non impazzire) abbiamo limitato ai casi occorsi a certi personaggi in un limitato lasso di tempo». Roderick Duddle è un’avventura appassionante, coinvolgente e a tratti comica, capace di sorprendere, di divertire e di commuovere allo stesso tempo.
(aa. 2015-2016, Federica Chiti, Classe IV B, Liceo scientifico, Pistoia)
Michele Mari nasce a Milano il 26 dicembre del 1955. Il padre, Enzo Mari, è un designer mentre la madre, Iela Mari, fu una disegnatrice. L’autore insegna Letteratura italiana all'Università Statale di Milano. A partire dal 1992, Mari risiede per lo più a Roma. Nel 1994, scrive il suo primo libro dal titolo L’incubo nel treno regalato al padre in occasione delle festività natalizie. Oltre alle opere in prosa, Michele Mari scrive poesie (Cento poesie d'amore a Ladyhawke) e disegna fumetti negli anni ’70; infine, traduce L’isola del tesoro di Stevenson, Ritorno all’Isola del tesoro di Andrew Motion e il libro XXIV dell’Iliade. Ha giocato nell'Osvaldo Soriano Football Club, la nazionale italiana degli scrittori.
Stile: La sua carriera da scrittore lo vede ispirarsi al pastiche manieristico e tra i suoi autori più rappresentativi, ricordiamo Gadda, Landolfi, Bufalino e Manganelli. Le principali fonti d’ispirazione della complessa e composita scrittura di Michele Mari sono il genere avventuroso di Settecento e Ottocento e la letteratura d’infanzia. Quest’ultima rappresenta il tema centrale di gran parte della sua produzione artistica e l’autore non lo affronta mai con banalità o spensierato incanto, ma sempre con delizia e tormento dolce-amaro. Dai suoi scritti è possibile capire la notevole conoscenza della lingua italiana posseduta da Mari, il quale la utilizza sempre a pieno, creando un tessuto linguistico complesso che ora imprigiona il lettore inesperto, ora affascina quello esperto.
- Ultimo aggiornamento giovedì, 12 aprile 2018