La vita felice
Al secondo romanzo, dopo il convincente esordio coi racconti di L’economia delle cose, Elena Varvello ci regala, lo dico subito, un libro spaventoso e meraviglioso da leggere tutto d’un fiato.
Elia ha sedici anni e vive a Ponte, un piccolo paese in mezzo ai boschi, con la madre Marta e il padre Ettore. È l’estate del 1978. Nel dicembre immediatamente precedente un bambino è scomparso nel nulla gettando nell’angoscia tutto il paese, che già viveva una crisi profonda dovuta soprattutto alla chiusura dello stabilimento che dava lavoro a gran parte dei suoi abitanti. Il padre di Elia è uno dei tanti che ha perso il lavoro e da quel giorno ha cominciato ad accelerare la sua deriva mentale dovuta a un disturbo bipolare.
L’estate del racconto è quella in cui Elia fa amicizia con Stefano, un coetaneo nuovo arrivato in paese, e si innamora di sua madre Anna Trambusti, che ha vent’anni più di lui ed è tornata a Ponte dopo esserne fuggita molti anni prima. Ma più di ogni altra cosa è l’estate in cui suo padre Ettore, all’apice del delirio paranoide, sequestra una ragazza tenendola imprigionata nel bosco per tutta la notte. Elia, teso tra la scoperta di sé e l'angoscioso tentativo di comprendere il comportamento paterno e tenere integro l'amore che unisce la propria famiglia, si trova a precipitare violentemente fuori dall’ingenuità della giovinezza.
La vita felice è un romanzo di formazione e mistero, teso come un thriller in cui la suspense è tutta nello stile, asciutto e scavato da vene di silenzio, speranza e incredulità. Sappiamo già tutto sin dalle prime pagine ma la tensione è implacabile, suscitata dal modo in cui la lingua della Varvello si tiene vicina al protagonista adolescente, a cui presta la voce nel lunghissimo flashback con cui Elia, trent’anni dopo, cerca di attraversare in direzione inversa, la più oscura linea d’ombra della sua vita.
Molti sono i riferimenti letterari che sono stati scomodati per questo romanzo, da Io non ho paura di Ammaniti a La settimana bianca di Carrère, da Raymond Carver a Stephen King, e va detto che in poche altre occasioni questo è accaduto non a sproposito come nel caso di La vita felice
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
-
Ultimo aggiornamento lunedì, 24 ottobre 2016
Inserisci il tuo commento
Commenti
Nessuno ha aggiunto ancora un commento in questa pagina.
Feed RSS per i commenti in questa pagina |
Feed RSS per tutti i commenti
Al secondo romanzo, dopo il convincente esordio coi racconti di L’economia delle cose, Elena Varvello ci regala, lo dico subito, un libro spaventoso e meraviglioso da leggere tutto d’un fiato.
Elia ha sedici anni e vive a Ponte, un piccolo paese in mezzo ai boschi, con la madre Marta e il padre Ettore. È l’estate del 1978. Nel dicembre immediatamente precedente un bambino è scomparso nel nulla gettando nell’angoscia tutto il paese, che già viveva una crisi profonda dovuta soprattutto alla chiusura dello stabilimento che dava lavoro a gran parte dei suoi abitanti. Il padre di Elia è uno dei tanti che ha perso il lavoro e da quel giorno ha cominciato ad accelerare la sua deriva mentale dovuta a un disturbo bipolare.
L’estate del racconto è quella in cui Elia fa amicizia con Stefano, un coetaneo nuovo arrivato in paese, e si innamora di sua madre Anna Trambusti, che ha vent’anni più di lui ed è tornata a Ponte dopo esserne fuggita molti anni prima. Ma più di ogni altra cosa è l’estate in cui suo padre Ettore, all’apice del delirio paranoide, sequestra una ragazza tenendola imprigionata nel bosco per tutta la notte. Elia, teso tra la scoperta di sé e l'angoscioso tentativo di comprendere il comportamento paterno e tenere integro l'amore che unisce la propria famiglia, si trova a precipitare violentemente fuori dall’ingenuità della giovinezza.
La vita felice è un romanzo di formazione e mistero, teso come un thriller in cui la suspense è tutta nello stile, asciutto e scavato da vene di silenzio, speranza e incredulità. Sappiamo già tutto sin dalle prime pagine ma la tensione è implacabile, suscitata dal modo in cui la lingua della Varvello si tiene vicina al protagonista adolescente, a cui presta la voce nel lunghissimo flashback con cui Elia, trent’anni dopo, cerca di attraversare in direzione inversa, la più oscura linea d’ombra della sua vita.
Molti sono i riferimenti letterari che sono stati scomodati per questo romanzo, da Io non ho paura di Ammaniti a La settimana bianca di Carrère, da Raymond Carver a Stephen King, e va detto che in poche altre occasioni questo è accaduto non a sproposito come nel caso di La vita felice
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
- Ultimo aggiornamento lunedì, 24 ottobre 2016
Inserisci il tuo commento
Commenti
Nessuno ha aggiunto ancora un commento in questa pagina.
Feed RSS per i commenti in questa pagina | Feed RSS per tutti i commenti