La vita è un pallone rotondo
Il nome di Vladimir Dimitrijevic ai più dirà poco o niente, eppure a lui dobbiamo la diffusione di uno dei maggiori capolavori della narrativa universale sicuramente del ventesimo secolo e forse di tutti i tempi: Vita e destino, il grandissimo romanzo storico di Vasilij Grossman, compiuto nel 1960 ma censurato perché ritenuto “antisovietico” e sequestrato dal KGB (che distrusse perfino i nastri della macchina da scrivere dello scrittore e censurò perfino il necrologio dello scrittore togliendo ogni riferimento al romanzo). La avventurosa storia di come il libro sia sopravvissuto merita di essere letta a parte (vedi), ma a noi basta sapere che la sua prima edizione mondiale vide sorprendentemente la luce nel 1980, sedici anni dopo la morte dell’autore, grazie a una piccola casa editrice indipendente svizzera, L’Age d’Homme, fondata (nel 1966) e diretta proprio da Dimitrijevic, esule serbo rifugiato in Svizzera, dove prima di darsi all’editoria si manteneva lavorando al nero in una fabbrica di orologi ed era riuscito a conquistare il permesso di soggiorno grazie all’ingaggio in una squadra di calcio.
Proprio il calcio è stato uno dei più grandi interessi di Dimitrijevic, insieme al doloroso amore per la terra e il popolo delle proprie origini e alla dedizione per la letteratura. Tutte e tre queste passioni si ritrovano e si intrecciano nel mirabile volumetto La vita è un pallone rotondo, che da oltre quindici anni non cessa di conquistare lettori di quella piccola nicchia internazionale di calciofili romantici sempre in attesa di qualcuno che sappia dare corpo e parola alla loro passione. Ma il libro di Dimitrijevic non è certo un libro da consigliare esclusivamente a chi ama il calcio, e non certamente a chi ama il calcio dei giorni nostri senza vederne in filigrana, con una certa malinconia, la sua storia e il suo significato così nella vecchia Europa del ventesimo secolo come nella propria infanzia. Il calcio è qui l’ordito su cui si incrociano vicende biografiche dell’autore, dall’infanzia fino agli anni dell’esilio, riflessioni sulla natura umana e sulla Storia, aneddoti del grande e piccolo gioco del pallone nei paesi dell'est europeo, le drammatiche vicende del totalitarismo novecentesco (viste sempre in una soggettiva stretta, senza grandangolo, che le rende ancora più crude) e altro ancora.
A fare grande questo piccolo libro sono soprattutto la grande umanità e la penna acuminata di Dimitrijevic, capaci di estrarre illuminanti riflessioni, tratteggiare con sintetica grazia profili tanto di sconosciuti giovani calciatori vissuti a est della cortina di ferro quanto dei più grandi campioni di tutti i tempi e, soprattutto, far detonare in metafore potentemente poetiche il legame tra l’uomo e ogni cosa che gli riservi il destino, in questo caso soprattutto il legame tra il calcio e la vita.
Ne viene fuori senza accorgersene un piccolo trattato di morale della vita quotidiana e sociale, fatta di modestia, amore per gli umili, rispetto per il talento, ammirazione per il genio, attenzione per il destino di tutti e il libro, composto da tante prose perlopiù brevissime, si può leggere come una biografia esplosa ma anche rileggere come un breviario, restando a riflettere a lungo sulla capacità dello scrittore servo di condensare così tanta verità in così poche parole. Un libro dunque sicuramente da consigliare a chi non si spiega perché un gioco “barbaro” fatto con i piedi, perlopiù inelegante e certamente infantile appassioni ancora oggi inspiegabilmente così tanti adulti dotati di senno e cultura.
La vita è un pallone rotondo è un libro che chi ama il calcio dovrebbe leggere ma soprattutto un libro che dovrebbe assolutamente leggere chi odia il calcio. E chi non lo ha mai capito. Che - Dimitrijevic ce lo insegna bene - è un po’ come non capire una parte importante di ciò che significa essere umani.
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento martedì, 22 dicembre 2015
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Il nome di Vladimir Dimitrijevic ai più dirà poco o niente, eppure a lui dobbiamo la diffusione di uno dei maggiori capolavori della narrativa universale sicuramente del ventesimo secolo e forse di tutti i tempi: Vita e destino, il grandissimo romanzo storico di Vasilij Grossman, compiuto nel 1960 ma censurato perché ritenuto “antisovietico” e sequestrato dal KGB (che distrusse perfino i nastri della macchina da scrivere dello scrittore e censurò perfino il necrologio dello scrittore togliendo ogni riferimento al romanzo). La avventurosa storia di come il libro sia sopravvissuto merita di essere letta a parte (vedi), ma a noi basta sapere che la sua prima edizione mondiale vide sorprendentemente la luce nel 1980, sedici anni dopo la morte dell’autore, grazie a una piccola casa editrice indipendente svizzera, L’Age d’Homme, fondata (nel 1966) e diretta proprio da Dimitrijevic, esule serbo rifugiato in Svizzera, dove prima di darsi all’editoria si manteneva lavorando al nero in una fabbrica di orologi ed era riuscito a conquistare il permesso di soggiorno grazie all’ingaggio in una squadra di calcio.
Proprio il calcio è stato uno dei più grandi interessi di Dimitrijevic, insieme al doloroso amore per la terra e il popolo delle proprie origini e alla dedizione per la letteratura. Tutte e tre queste passioni si ritrovano e si intrecciano nel mirabile volumetto La vita è un pallone rotondo, che da oltre quindici anni non cessa di conquistare lettori di quella piccola nicchia internazionale di calciofili romantici sempre in attesa di qualcuno che sappia dare corpo e parola alla loro passione. Ma il libro di Dimitrijevic non è certo un libro da consigliare esclusivamente a chi ama il calcio, e non certamente a chi ama il calcio dei giorni nostri senza vederne in filigrana, con una certa malinconia, la sua storia e il suo significato così nella vecchia Europa del ventesimo secolo come nella propria infanzia. Il calcio è qui l’ordito su cui si incrociano vicende biografiche dell’autore, dall’infanzia fino agli anni dell’esilio, riflessioni sulla natura umana e sulla Storia, aneddoti del grande e piccolo gioco del pallone nei paesi dell'est europeo, le drammatiche vicende del totalitarismo novecentesco (viste sempre in una soggettiva stretta, senza grandangolo, che le rende ancora più crude) e altro ancora.
A fare grande questo piccolo libro sono soprattutto la grande umanità e la penna acuminata di Dimitrijevic, capaci di estrarre illuminanti riflessioni, tratteggiare con sintetica grazia profili tanto di sconosciuti giovani calciatori vissuti a est della cortina di ferro quanto dei più grandi campioni di tutti i tempi e, soprattutto, far detonare in metafore potentemente poetiche il legame tra l’uomo e ogni cosa che gli riservi il destino, in questo caso soprattutto il legame tra il calcio e la vita.
Ne viene fuori senza accorgersene un piccolo trattato di morale della vita quotidiana e sociale, fatta di modestia, amore per gli umili, rispetto per il talento, ammirazione per il genio, attenzione per il destino di tutti e il libro, composto da tante prose perlopiù brevissime, si può leggere come una biografia esplosa ma anche rileggere come un breviario, restando a riflettere a lungo sulla capacità dello scrittore servo di condensare così tanta verità in così poche parole. Un libro dunque sicuramente da consigliare a chi non si spiega perché un gioco “barbaro” fatto con i piedi, perlopiù inelegante e certamente infantile appassioni ancora oggi inspiegabilmente così tanti adulti dotati di senno e cultura.
La vita è un pallone rotondo è un libro che chi ama il calcio dovrebbe leggere ma soprattutto un libro che dovrebbe assolutamente leggere chi odia il calcio. E chi non lo ha mai capito. Che - Dimitrijevic ce lo insegna bene - è un po’ come non capire una parte importante di ciò che significa essere umani.
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
- Ultimo aggiornamento martedì, 22 dicembre 2015
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