La sperta e la babba
Giovanna Di Marco vince il "Premio Ceppo Selezione Racconto 2024" con il libro La sperta e la babba (Caffèorchidea Editore, 2023), per aver saputo raccontare la realtà della sua Sicilia in modo efficace ed originale, ricollegandosi per altro alla grande tradizione letteraria dell’isola. Già il titolo annuncia la qualità principale della sua ricerca stilistica, ovvero il recupero di modi di dire e di termini della parlata di Caltanissetta nel primo racconto, La sperta, di quella di Piana degli Albanesi e della comunità arberesh nel secondo, La socialista, ed in entrambi, poi, l’accurato lavoro d’intarsio e di equilibrio con l’italiano. Ne emergono due idioletti, due microcosmi linguistici che non solo vengono così salvati dall’oblio, ma suscitano la curiosità del lettore, il quale, pur aiutato da glossari quanto mai necessari, si può anche abbandonare al piacere della scoperta dei significati, lasciandosi assorbire da questi mondi di parole e di cose antiche.
Altrettanto interessante risulta la dimensione antropologica dei racconti, che si esprime in comportamenti, riti sociali, credenze che connotano le comunità narrate. Attraverso le vicende di gente comune, raccontate con vivido realismo, si ripercorrono anche le trame della grande storia ed emergono soprattutto le due protagoniste femminili, la “furba” e la “sciocca idealista”, diversissime nel carattere, ma accomunate da un forte desiderio di riscatto, declinato dalla prima in chiave familiare, dalla seconda in chiave politica. L’autrice offre, della sua terra e della sua gente, una rappresentazione accurata e appassionata, ma al tempo stesso critica, in relazione a quei vizi antichi e persistenti che lei stessa definisce “il cancro del familismo” e il “matriarcato occulto, la capacità delle madri di infettare e addirittura annientare la volontà dei propri figli”.
[Filiberto Segatto, giurato del Premio Ceppo]
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Ultimo aggiornamento lunedì, 29 aprile 2024
Giovanna Di Marco vince il "Premio Ceppo Selezione Racconto 2024" con il libro La sperta e la babba (Caffèorchidea Editore, 2023), per aver saputo raccontare la realtà della sua Sicilia in modo efficace ed originale, ricollegandosi per altro alla grande tradizione letteraria dell’isola. Già il titolo annuncia la qualità principale della sua ricerca stilistica, ovvero il recupero di modi di dire e di termini della parlata di Caltanissetta nel primo racconto, La sperta, di quella di Piana degli Albanesi e della comunità arberesh nel secondo, La socialista, ed in entrambi, poi, l’accurato lavoro d’intarsio e di equilibrio con l’italiano. Ne emergono due idioletti, due microcosmi linguistici che non solo vengono così salvati dall’oblio, ma suscitano la curiosità del lettore, il quale, pur aiutato da glossari quanto mai necessari, si può anche abbandonare al piacere della scoperta dei significati, lasciandosi assorbire da questi mondi di parole e di cose antiche.
Altrettanto interessante risulta la dimensione antropologica dei racconti, che si esprime in comportamenti, riti sociali, credenze che connotano le comunità narrate. Attraverso le vicende di gente comune, raccontate con vivido realismo, si ripercorrono anche le trame della grande storia ed emergono soprattutto le due protagoniste femminili, la “furba” e la “sciocca idealista”, diversissime nel carattere, ma accomunate da un forte desiderio di riscatto, declinato dalla prima in chiave familiare, dalla seconda in chiave politica. L’autrice offre, della sua terra e della sua gente, una rappresentazione accurata e appassionata, ma al tempo stesso critica, in relazione a quei vizi antichi e persistenti che lei stessa definisce “il cancro del familismo” e il “matriarcato occulto, la capacità delle madri di infettare e addirittura annientare la volontà dei propri figli”.
[Filiberto Segatto, giurato del Premio Ceppo]
- Ultimo aggiornamento lunedì, 29 aprile 2024