La pelusa
Anselmo Del Vescovo fa il bibliotecario nella biblioteca comunale di Catinari: le sue giornate da travet trascorrono placide in una sorta di sinecura fatta di scrupolose catalogazioni bibliografiche e tentativi di stare a distanza dalle due sfaccendate colleghe, le "camerate scansafatiche" pronte a cercare tepore accanto ai termosifoni più che a far fronte alla sia pur minima responsabilità di servizio. Nei momenti liberi, sia a casa che in ufficio, invia mail all'amico Paolo, a cui confida le sue riflessioni sulla vita: peccato che l'indirizzo mail sia sbagliato, e le missive tornino sempre indietro, implacabilmente, quasi che Paolo provasse un piacere segreto nel negarsi al suo disperato bisogno di relazione.
Anselmo vive con la moglie Elena in una casa solo in apparenza pulita: perché basta aprire un attimo la finestra perché infiniti corpuscoli di polvere si impadroniscano di mobili e suppellettili, vanificando le continue azioni di spolveratura che Anselmo compie secondo un rituale ben preciso. La lanugine si forma implacabilmente ad ogni cambio d'aria, dando vita ad orride creature fatte di forfora, cellule epiteliali, acari, batteri e altri milioni di microorganismi: i veri padroni di un mondo intessuto di morte e degenerazione, contro i quali nessuna pulizia può ritenersi vincente.
Ma un giorno nella biblioteca sempre deserta fa la sua comparsa un personaggio del tutto particolare: le poche parole scambiate al reference e una valigetta dimenticata su una sedia bastano ad Anselmo per sperare di avere trovato in lui, finalmente, la persona giusta con cui condividere la sua ossessione. Anche il forestiero combatte contro la "pelusa", contro la polvere in grado di distruggere ogni speranza di perfezione e bellezza.
Adrian Bravi, argentino di Buenos Aires ma italiano di residenza e di penna, ci consegna con questo romanzo breve una delle sue opere meno famose ma più riuscite, nello speciale mix tra fantasia e realtà che rappresenta il suo tratto distintivo di scrittore: raffinatissimo nell'uso dell'italiano, di cui è perfettamente padrone, ci accompagna in un viaggio ironico attraverso le inquietudini e la follia del protagonista, circondato da figurine disperate e ridicole (la moglie, le colleghe, il magazziniere a casa per malattia) ciascuna alle prese con i fantasmi della propria sconfitta.
Maria Stella (Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento venerdì, 14 agosto 2020
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Anselmo Del Vescovo fa il bibliotecario nella biblioteca comunale di Catinari: le sue giornate da travet trascorrono placide in una sorta di sinecura fatta di scrupolose catalogazioni bibliografiche e tentativi di stare a distanza dalle due sfaccendate colleghe, le "camerate scansafatiche" pronte a cercare tepore accanto ai termosifoni più che a far fronte alla sia pur minima responsabilità di servizio. Nei momenti liberi, sia a casa che in ufficio, invia mail all'amico Paolo, a cui confida le sue riflessioni sulla vita: peccato che l'indirizzo mail sia sbagliato, e le missive tornino sempre indietro, implacabilmente, quasi che Paolo provasse un piacere segreto nel negarsi al suo disperato bisogno di relazione.
Anselmo vive con la moglie Elena in una casa solo in apparenza pulita: perché basta aprire un attimo la finestra perché infiniti corpuscoli di polvere si impadroniscano di mobili e suppellettili, vanificando le continue azioni di spolveratura che Anselmo compie secondo un rituale ben preciso. La lanugine si forma implacabilmente ad ogni cambio d'aria, dando vita ad orride creature fatte di forfora, cellule epiteliali, acari, batteri e altri milioni di microorganismi: i veri padroni di un mondo intessuto di morte e degenerazione, contro i quali nessuna pulizia può ritenersi vincente.
Ma un giorno nella biblioteca sempre deserta fa la sua comparsa un personaggio del tutto particolare: le poche parole scambiate al reference e una valigetta dimenticata su una sedia bastano ad Anselmo per sperare di avere trovato in lui, finalmente, la persona giusta con cui condividere la sua ossessione. Anche il forestiero combatte contro la "pelusa", contro la polvere in grado di distruggere ogni speranza di perfezione e bellezza.
Adrian Bravi, argentino di Buenos Aires ma italiano di residenza e di penna, ci consegna con questo romanzo breve una delle sue opere meno famose ma più riuscite, nello speciale mix tra fantasia e realtà che rappresenta il suo tratto distintivo di scrittore: raffinatissimo nell'uso dell'italiano, di cui è perfettamente padrone, ci accompagna in un viaggio ironico attraverso le inquietudini e la follia del protagonista, circondato da figurine disperate e ridicole (la moglie, le colleghe, il magazziniere a casa per malattia) ciascuna alle prese con i fantasmi della propria sconfitta.
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