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La manomissione delle parole

 

Definito un “gioco” dallo stesso autore - un gioco personalissimo e, in qualche misura, inevitabilmente arbitrario - il testo vuole essere in realtà un invito a ripensare a quante parole si stiano svuotando del loro vero significato per andare incontro a un destino più scialbo e inconsapevole. Per lo scrittore pugliese ci sono alcuni lemmi che hanno bisogno di una manutenzione e di una cura costante, per non essere appunto “manomesse”, cioè alterate o danneggiate. Per questo l’autore si dedica al recupero di cinque parole chiave del lessico civile: vergogna, giustizia, ribellione, bellezza, scelta, legate fra loro in un itinerario concettuale ricco di suggestioni letterarie. Sono tanti gli intellettuali cui l’autore fa riferimento: dai più distanti Tucidide, Sallustio, Platone, Aristotele e Dante, ai più vicini Primo Levi, Gustavo Zagrebelsky, Enzo Golino, Nadine Gordimer, John Rawls, Albert Camus e molti altri; persino Bob Marley fa capolino nella sua lista di ispiratori. Proprio con questa chiave di lettura va interpretato l’invito di Carofiglio a guardare al linguaggio come a un termometro di civiltà oltre che di cultura, come a un salvadanaio di valori oltre che di semplici vocaboli.

 

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