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La lingua geniale

A tutti noi – almeno una volta nella vita – è capitato di imbatterci in qualcosa di greco antico: dalla versione del liceo che non sappiamo tradurre alla tragedia vista al teatro, agli oggetti sparsi nei corridoi dei numerosi musei archeologici italiani. Per non parlare del fatto che sui banchi di scuola da sempre studiamo che i Greci furono un popolo insuperabile eccellenti nelle discipline scientifiche (Ipppocrate fu ad esempio il primo medico greco che liberò la medicina dalle superstizioni) e in quelle letterarie (l’attività teatrale è infatti uno dei centri della polis greca).

Proprio per questo il libro della giovane grecista Andrea Marcolongo merita una lettura; perché se è vero che nessuno viene sedotto da ciò che la società impone, è altresì evidente che avere almeno la curiosità di conoscere qualcosa in più delle nostre radici culturali sia opportuno e ragionevole.

Il testo, delicato e scorrevole, si inserisce in quel dibattito che si dimena sull’utilità delle lingue classiche, o per meglio dire sulla legittimità della loro presenza nella scuola italiana: infatti sotto questo profilo può assomigliare a altri celebri testi, come il fortunato saggio Viva il Latino. Storie e bellezza di una lingua inutile, uscito per Garzanti nel 2016 e scritto da Nicola Gardini, attualmente docente di Letteratura italiana e comparata all’Università di Oxford. La pubblicazione di questi libri e di altri più recenti nel tempo ha comunque il merito di focalizzare l’attenzione sulle civiltà classiche in un paese in cui l’andamento nazionale delle iscrizioni al Liceo Classico si abbassa di anno in anno.

Il saggio della Marcolongo non è una grammatica convenzionale, né un testo che prescrive norme sintattiche, ma è piuttosto una narrazione limpida di alcune particolarità che la lingua greca antica è in grado di restituirci. All’aspetto formale del verbo, all’ ottativo come modo che esprime il desiderio e la fatica, l’autrice dedica un intero capitolo, così come esamina con entusiasmo ed empatia verso il lettore il numero duale, categoria imprescindibile per raccontare ai posteri l’importanza del linguaggio dell’amore. Attraverso la riscoperta del passato si può guardare al futuro con speranza e occhi diversi e se "La lingua geniale" ha il valore di far avvicinare al mondo greco antico tutti coloro che fino ad ora non ne erano mai stati attratti, compie anche un’altra azione lodevole: riaffermare la centralità della parola – come facevano i greci antichi che erano in grado di decodificare concetti complessi attraverso pochi lemmi - in una società che spesso standardizza il linguaggio quotidiano o affida i propri sentimenti a moderni pittogrammi o alla raffigurazione stereotipata di emoji.

 

Carolina (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)

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