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La forza del disordine

 

Se guardiamo una qualunque immagine ufficiale di un leader politico, potremo notare che la sua scrivania è perfettamente sgombra di ogni carta. Niente di simile alle scrivanie vere, solitamente ricolme di carte, dossier e memo che rendono difficile ai “comuni mortali” persino trovare posto per il mouse e la tastiera del computer. D’altronde, se un leader chiamato a trovare soluzioni a problemi di enorme rilevanza non apparisse capace di tenere pulita neppure la sua scrivania, avremmo qualche freccia al nostro arco per dubitare della sua affidabilità.

In effetti, le ragioni a favore dell’ordine ci appaiono subito superiori a quelle del disordine: abbiamo imparato fin da piccoli che essere ordinati è un obiettivo che ha quasi la stessa importanza dei traguardi fondamentali della vita, come godere di buona salute, avere una carriera gratificante o mantenere relazioni soddisfacenti.

Siamo tutti consapevoli che, quando nella nostra casa o nel nostro ufficio gli oggetti sono al loro posto, perdiamo meno tempo per cercarli, ci concentriamo sulle cose importanti, e soprattutto viviamo in un ambiente più gradevole, siamo più sereni e produttivi.

Anche noi della Biblioteca San Giorgio non ci siamo certo tirati indietro nel proporre libri che parlano del “magico potere del riordino” (vedi) e di feng-shui (vedi), consigliando ai nostri lettori di dedicare tempo ed energia a liberarsi del superfluo e godersi l’effetto calmante e rassicurante di una casa perfettamente ordinata.

Ora però vogliamo guardare all’altra faccia della medaglia, per evitare di eccedere nelle certezze sul valore sempre e comunque salvifico dell’ordine: l’ordine in casa o in ufficio non è sempre un valore “in sé”, ma è preferibile al disordine quando i costi per raggiungerlo e mantenerlo rimangono al di sotto dei benefici che si ottengono. Quando questo equilibrio viene meno, perché appunto le operazioni di riordino richiedono un investimento di tempo ed energie superiore al guadagno raggiunto, ecco che allora è preferibile un po’ di disordine. In effetti, vale proprio la pena passare il fine settimana a tirare la casa a lucido, perdendosi l’occasione di riposare, fare una bella passeggiata, leggere un libro, trascorrere del tempo a chiacchierare con gli amici e i familiari? Il guadagno che otteniamo (e che sarà distrutto nel breve volgere dei giorni successivi) vale il sacrificio fatto? Sicuramente no. Meglio, dunque, convivere con un po’ di disordine in casa, e godersi il fine settimana in allegria.

Il libro, comunque, va ben oltre le considerazioni forse banali sulle scelte individuali in materia di pulizie domestiche, per offrire un quadro sicuramente curioso e interessante su come una certa misura di disordine o caos in alcune circostanze abbia premiato aziende e organizzazioni, decretando il loro successo sul mercato contrariamente alle previsioni basate sul senso comune. Numerosi gli esempi pratici (negozi di ferramenta, edicole, librerie, aziende di servizi) che hanno vinto la loro scommessa, proprio perché hanno sfruttato il vantaggio competitivo fornito dal caos: d’altronde, la realtà esterna – del mercato e delle relazioni – ha una dose di casualità che non può essere cancellata, ma anzi può essere sfruttata positivamente proprio da quelle organizzazioni che non si fanno ingabbiare dagli eccessi di ordine, e perciò risultano più leggere, flessibili e creative.

Lungi dall’essere un inno al disordine, il libro ci aiuta a capire come un eccesso di ordine possa irrigidire e indebolire le scelte personali e aziendali: via libera, dunque, ad un po’ di disordine nella nostra vita. Perché, come diceva Albert Einstein, “se una scrivania in disordine è segno di una mente disordinata, di che cosa è segno una scrivania vuota?”.

 

Maria Stella(bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)

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