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La dura spina

 

"Sanguina il mio cuore / come un cuore qualunque. / La dura spina che m'inflisse amore / la porto ovunque..." questa è la lirica di Umberto Saba da cui prende il titolo il romanzo La dura spina del suo concittadino Renzo Rosso.

1945. Ermanno Cornelis, pianista sessantenne torna a Trieste per un concerto, dopo tanti anni passati a Vienna. È alto, asciutto, elegante, sicuro di sé, scettico. Piuttosto che scioglierli, la sua vita di musicista di successo ha protratto i modi irrisolti della sua esistenza, cucendogli addosso un carattere come una corazza. Sullo sfondo di una Trieste affranta e sconvolta dalla guerra, inizierà il declino della sua resa artistica e fisica, a cui non si sottraggono nemmeno i rapporti sessuali con la giovane allieva Giuliana. Una storia privata e intima sull'autunnale scontentezza di scoprirsi anziani, sull'amore come verifica estrema della condizione individuale, estenuante sentimento della vita, raccontata con un occhio instancabilmente vero e nitido, con una scrittura letteraria raffinatissima. Belle le pagine del diario che il protagonista/pianista riempie durante lo studio della Sonata 106 di Beethoven e nelle quali la musica, supremo ordinamento intellettuale, distacco dal contingente e dal quotidiano, mostra anche il lato dell'arbitrio, della seduzione e della solitudine.

Pubblicato nel 1963 da Feltrinelli nella collana Biblioteca di letteratura diretta da Giorgio Bassani, Attilio Bertolucci definì "La dura spina "romanzo-romanzo". Ritenuto da Claudio Magris "uno tra i più notevoli scrittori italiani del mezzo secolo che ci siamo lasciati alle spalle", i libri, i testi teatrali di Renzo Rosso avrebbero meritato maggiore attenzione e letture più approfondite. L'autore è scomparso qualche anno fa. Di recente "La dura spina" è stata ripubblicata nella collana "Novecento italiano" delle ISBN edizioni diretta da Guido Davico Bonino.

Alessandra (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)

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