La ballata di Iza
Con il romanzo La ballata di Iza, scritto negli anni Sessanta, Magda Szabó, scrittrice insuperabile nel conferire alla quotidianità una dimensione quasi epica, costruisce una fascinosa geometria degli affetti che si dissolve in disperante solitudine. Iza, donna-medico premurosa, intelligente, attiva, anche professionalmente molto stimata, alla morte del padre Vince, decide di portare con sé a Pest la propria madre Etelka. In un abbraccio amorevole, ma soffocante, Iza prenderà ad organizzarle la vita fin nei più minuti dettagli, non accorgendosi che le sue ansiose attenzioni finiscono per scavare un baratro sotto i piedi dell'anziana madre. Donna di campagna, strappata per sempre al suo mondo, Etelka vive un drammatico spaesamento che la spingerà a rifugiarsi in un passato di ombre, e che sfocerà in un tragico raptus finale, in cui la Szabó dà il meglio di sé come scrittrice. Ma il romanzo non è solo il racconto di un mancato dialogo fra madre e figlia, di un profondo bisogno di autenticità e di partecipazione che paradossalmente proprio l'amore filiale, troppo razionale ed efficiente, preclude, ma un testo corale, intessuto di molte voci, di prospettive individuali e storiche verità, di cui resta, indelebile, la sensazione di una profonda disarmonia, di un assetto del mondo traballante come le varie fasi della storia ungherese, di un vuoto immenso, in cui, alla fine, Iza si rispecchia, sola, senza nessuno che possa ascoltare la sua voce dispersa nel vento.
Ilaria (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento martedì, 24 dicembre 2013
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Con il romanzo La ballata di Iza, scritto negli anni Sessanta, Magda Szabó, scrittrice insuperabile nel conferire alla quotidianità una dimensione quasi epica, costruisce una fascinosa geometria degli affetti che si dissolve in disperante solitudine. Iza, donna-medico premurosa, intelligente, attiva, anche professionalmente molto stimata, alla morte del padre Vince, decide di portare con sé a Pest la propria madre Etelka. In un abbraccio amorevole, ma soffocante, Iza prenderà ad organizzarle la vita fin nei più minuti dettagli, non accorgendosi che le sue ansiose attenzioni finiscono per scavare un baratro sotto i piedi dell'anziana madre. Donna di campagna, strappata per sempre al suo mondo, Etelka vive un drammatico spaesamento che la spingerà a rifugiarsi in un passato di ombre, e che sfocerà in un tragico raptus finale, in cui la Szabó dà il meglio di sé come scrittrice. Ma il romanzo non è solo il racconto di un mancato dialogo fra madre e figlia, di un profondo bisogno di autenticità e di partecipazione che paradossalmente proprio l'amore filiale, troppo razionale ed efficiente, preclude, ma un testo corale, intessuto di molte voci, di prospettive individuali e storiche verità, di cui resta, indelebile, la sensazione di una profonda disarmonia, di un assetto del mondo traballante come le varie fasi della storia ungherese, di un vuoto immenso, in cui, alla fine, Iza si rispecchia, sola, senza nessuno che possa ascoltare la sua voce dispersa nel vento.
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