L'ora di lezione
Il libro di Massimo Recalcati, psicanalista, docente e noto saggista, si costruisce come una serie di riflessioni incentrate sulla realtà della scuola italiana e di pensieri pessimisti sulla situazione che stiamo vivendo. Il saggio ripercorre, attraverso le tre figure mitologiche Edipo, Narciso e Telemaco, già analizzate dall’autore nei suoi studi sull’evaporazione della figura paterna nell’attuale società, le modalità dell’insegnamento dal dopoguerra ad oggi.
Il primo modello pedagogico (della scuola Edipo) è quello di tipo correttivo-repressivo; ce ne parla l’autore in chiave autobiografica: andavo lento…ero stato un bambino considerato idiota , perché incapace di apprendere: una “vite storta” che oggi fa della sua stortatura un vanto, perché progredire nella conoscenza non è indispensabile quanto capire quale sia la strada che l’individuo vuole perseguire, dandosi degli obiettivi realistici da raggiungere. Dalla metafora presa in prestito dalla botanica (“vite storta”) si passa a quella informatica: la testa dell’allievo non è più una vite da raddrizzare, ma una sorta di computer dentro la quale è necessario riversare informazioni, come fossero dei files.
Sull’insegnante, commenta Recalcati, figura sociale mortificata anche se investita da grandi attese e responsabilità, grava un carico di paradossi: a loro è richiesta l’educazione e la trasmissione di mappe cognitive sempre aggiornate; talora questo non funzioni, si richiede anche di non “annoiare” l’alunno, di farlo divertire, addossando sempre al docente la responsabilità di studenti che si rivelano incapaci di ascoltare e partecipare. Ed è questo l'errore in cui precipita l'attuale scuola italiana odierna quella delle competenze, dell'efficienza e della prestazione, che riduce l'apprendimento a pura ripetizione. L’assimilazione del sapere in questa scuola di tipo narcisistico non avviene in modo correttivo (come nel modello edipico), ma piuttosto nello spegnimento del desiderio, nell’appiattimento dei contenuti; appassionante, a questo proposito la valutazione dell’autore sull’abuso della tecnologia : esiste un sapere sempre a disposizione, illimitato, senza vita, acquisibile senza sforzo, che determina il rigetto della ricerca intesa come conquista faticosa e lenta fatta sui libri letti. Un sapere anonimo, ripetitivo, sempre uguale a se stesso, privo di inventiva.
Infine passiamo in rassegna l’ultimo mito utilizzato da Recalcati per spiegare la scuola italiana: quello di Telemaco, il figlio di Ulisse, che aspetta il ritorno del padre perché Itaca è assalita dai Proci . Telemaco attende e sa che solo la legge può riportare l’ordine. La sua attesa genera il desiderio, lo attiva. Il maestro, quindi è colui che sa generare il desiderio negli studenti, “porta il fuoco”, accende le loro passioni. Ed è questo il cuore del libro, che si preannuncia già dal sottotitolo, nell’utilizzo della parola erotica collocata in modo del tutto inedito vicino al sostantivo insegnamento. Non esiste didattica, dunque, senza amore, senza un amore erotico: l’insegnante sa dirsi tale se riesce a provocare nell’alunno un turbamento, un imprevisto, qualcosa che generi una riflessione personale. Recalcati ci spiega che l’amore per l’insegnamento ha la capacità di trasformare chi ascolta in soggetto attivo (secondo la lingua greca da eromenos in erastes, dallo stato inerte dell’amato a quello partecipe, che cerca, dell’amante) tirando fuori nuovi e possibili scenari di esistenza, sia per l’allievo sia per il maestro. Proprio nel loro incontro e proprio in quell’ora di lezione trascorsa insieme (e solo lì), nasce la passione dello studente, lo stimolo per il sapere, inteso come visione aperta di continue domande e di questioni irrisolte e non come un insieme di risposte preconfezionate.
Carolina (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento lunedì, 16 ottobre 2017
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Il libro di Massimo Recalcati, psicanalista, docente e noto saggista, si costruisce come una serie di riflessioni incentrate sulla realtà della scuola italiana e di pensieri pessimisti sulla situazione che stiamo vivendo. Il saggio ripercorre, attraverso le tre figure mitologiche Edipo, Narciso e Telemaco, già analizzate dall’autore nei suoi studi sull’evaporazione della figura paterna nell’attuale società, le modalità dell’insegnamento dal dopoguerra ad oggi.
Il primo modello pedagogico (della scuola Edipo) è quello di tipo correttivo-repressivo; ce ne parla l’autore in chiave autobiografica: andavo lento…ero stato un bambino considerato idiota , perché incapace di apprendere: una “vite storta” che oggi fa della sua stortatura un vanto, perché progredire nella conoscenza non è indispensabile quanto capire quale sia la strada che l’individuo vuole perseguire, dandosi degli obiettivi realistici da raggiungere. Dalla metafora presa in prestito dalla botanica (“vite storta”) si passa a quella informatica: la testa dell’allievo non è più una vite da raddrizzare, ma una sorta di computer dentro la quale è necessario riversare informazioni, come fossero dei files.
Sull’insegnante, commenta Recalcati, figura sociale mortificata anche se investita da grandi attese e responsabilità, grava un carico di paradossi: a loro è richiesta l’educazione e la trasmissione di mappe cognitive sempre aggiornate; talora questo non funzioni, si richiede anche di non “annoiare” l’alunno, di farlo divertire, addossando sempre al docente la responsabilità di studenti che si rivelano incapaci di ascoltare e partecipare. Ed è questo l'errore in cui precipita l'attuale scuola italiana odierna quella delle competenze, dell'efficienza e della prestazione, che riduce l'apprendimento a pura ripetizione. L’assimilazione del sapere in questa scuola di tipo narcisistico non avviene in modo correttivo (come nel modello edipico), ma piuttosto nello spegnimento del desiderio, nell’appiattimento dei contenuti; appassionante, a questo proposito la valutazione dell’autore sull’abuso della tecnologia : esiste un sapere sempre a disposizione, illimitato, senza vita, acquisibile senza sforzo, che determina il rigetto della ricerca intesa come conquista faticosa e lenta fatta sui libri letti. Un sapere anonimo, ripetitivo, sempre uguale a se stesso, privo di inventiva.
Infine passiamo in rassegna l’ultimo mito utilizzato da Recalcati per spiegare la scuola italiana: quello di Telemaco, il figlio di Ulisse, che aspetta il ritorno del padre perché Itaca è assalita dai Proci . Telemaco attende e sa che solo la legge può riportare l’ordine. La sua attesa genera il desiderio, lo attiva. Il maestro, quindi è colui che sa generare il desiderio negli studenti, “porta il fuoco”, accende le loro passioni. Ed è questo il cuore del libro, che si preannuncia già dal sottotitolo, nell’utilizzo della parola erotica collocata in modo del tutto inedito vicino al sostantivo insegnamento. Non esiste didattica, dunque, senza amore, senza un amore erotico: l’insegnante sa dirsi tale se riesce a provocare nell’alunno un turbamento, un imprevisto, qualcosa che generi una riflessione personale. Recalcati ci spiega che l’amore per l’insegnamento ha la capacità di trasformare chi ascolta in soggetto attivo (secondo la lingua greca da eromenos in erastes, dallo stato inerte dell’amato a quello partecipe, che cerca, dell’amante) tirando fuori nuovi e possibili scenari di esistenza, sia per l’allievo sia per il maestro. Proprio nel loro incontro e proprio in quell’ora di lezione trascorsa insieme (e solo lì), nasce la passione dello studente, lo stimolo per il sapere, inteso come visione aperta di continue domande e di questioni irrisolte e non come un insieme di risposte preconfezionate.
Carolina (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)
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