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L'educazione (im)possibile

 

“Educare vuol dire insegnare a vivere in un mondo così' vasto, così mutevole da ridursi a mistero. Educare un figlio misterioso a vivere dentro un mondo incomprensibile. E intanto ascolto gli adolescenti, figli dei genitori smarriti che mi chiedono che fare, li vedo anche se non mi chiamano, anche se la loro voce è afona”.

Nasce da questi intenti il libro di Vittorino Andreoli, psicologo e autore di numerosi scritti dedicati ai rapporti con gli adolescenti. In questo saggio l’autore riflette in modo specifico sul tema dell’educazione, una parola che sembra ormai vuota o inutile, come un vaso di argilla che può essere riempito di ogni valore. In realtà Andreoli, forte della sua esperienza con i problemi degli adolescenti e le loro relazioni, lancia un grido d’allarme che coinvolge tutti i componenti della società, dai genitori agli insegnanti ai politici. L’educazione è tema prioritario dell’intera comunità e, come tale, può essere risolto attraverso uno sforzo comune. Il primo impegno spetta alla famiglia, che ha l’indispensabile compito di contribuire alla formazione dell’identità del figlio: educare - sottolinea Andreoli - significa, infatti, prima di tutto, insegnare a vivere in un mondo mutevole e “veloce”, facendo tesoro dei propri errori e non avendo paura di mostrarsi fragili (che non vuol dire deboli). Educare un figlio a vivere dentro a un mondo che è, anche per gli adulti, incomprensibile o comunque, troppo celere non è certo un compito facile. Se la famiglia ha chiaramente l’obbligo di impartire un’educazione (non è ammissibile, infatti un abbandono educativo e lasciare i figli liberi di fare tutto), agli educatori o comunque, alla società in generale, spetta il compito di accogliere ogni giovane e di aiutarlo a trasformarsi in uomo o donna capace a sua volta, di divenire genitore. L’educazione è in questo senso continua, anche se chiaramente non può essere eterna: ad un certo punto, sulla soglia della maturità l’individuo deve essere capace di “cavarsela da solo” e di vivere in maniera adeguata nell’ambiente in cui si trova. Essere flessibili, in questo senso, è importante, tanto più se caliamo questa dote nella nostra società: per esserlo, tuttavia, spiega Andreoli, occorre aver maturato una chiara e definita concezione del proprio io: tanto più l’io è forte, tanto maggiori sono le possibilità di cambiamento consapevole. Senza la consapevolezza di un’identità (di base, di genere e sociale), l’individuo non riesce a trovare la propria autostima che ha un rilievo fondamentale per muoversi dentro il mondo futuro. L’assenza, la discontinuità dell’esserci da parte della famiglia genera adolescenti (e un domani adulti) incerti, confusi che spesso rispondono in rapporto alle influenze del mondo: altresì la presenza fisica dei genitori e soprattutto del loro linguaggio corporeo (una carezza, un abbraccio) è quindi fondamentale per definire le prime tappe di crescita di un figlio. La famiglia non è più una somma di io separati ma è una piccola orchestra dove ognuno suona la sua parte, ma concorre, insieme all’altro, alla realizzazione di un qualcosa di comune, tra cui l’aspirazione a una società migliore. Dare valore ai legami, curare le relazioni che instauriamo è uno dei primi passi per una civiltà del ben-essere, molto lontana da quella del ben-avere, più volte presa in esame da Andreoli in altri suoi scritti, come Il denaro in testa. A conclusione del saggio l’autore scrive un breve e interessante capitolo dal titolo “Verso l’umanesimo della fragilità”: un tema ricorrente nell’analisi della psicologia moderna, basti pensare al breve studio di Eugenio Borgna La fragilità che è in noi o all’acclamato romanzo di Taiye Selasi dal suggestivo titolo La bellezza delle cose fragili per capire che la nostra società deve dare spazio ai sentimenti, alle difficoltà del singolo, ai sogni, per cercare un’interpretazione della realtà che non sia più quella di categorizzare l’umanità in vincitori e vinti e di misurare l’uomo solo sui risultati ottenuti.

 Carolina (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)

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