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L'autorità perduta

 

Se avete una buona opinione dei vostri figli, non aiutateli. Se la caveranno da soli.

La nostra società offre sempre più stimoli per la crescita dei bambini, basti pensare alla miriade di prodotti informatici e al boom dei social network; siamo protagonisti di una collettività in cui certezze passate sono crollate (l’ambito posto fisso) e hanno lasciato aperta la strada a nuove sfide, un mondo in rapido divenire che vede tramontare il concetto stesso di autorità. Da queste premesse sboccia il saggio di Paolo Crepet, noto psichiatra e scrittore, ospite frequente di varie trasmissioni televisive, che indaga sul tema dell’autorità che in questo saggio è sinonimo di autorevolezza, cioè di un giusto connubio tra rigore e intelligenza. I metodi educativi rigidi che in passato venivano utilizzati per crescere i bambini sono ormai tramontati: assistiamo purtroppo a fenomeni in cui i bambini sono senza regole, gli adolescenti maleducati, i giovani vegetano e sono incapaci di prendere in mano le redini della propria vita. Dove i genitori e in termini più generali la società hanno sbagliato? Secondo Crepet abbiamo tolto ai nostri figli l’essenziale, ovvero la capacità di desiderare, di migliorarsi attraverso lo sforzo, di lottare per ottenere qualcosa di migliore. Per aiutare i giovani in questo processo di costruzione di indipendenza è necessario che durante il percorso di crescita dei propri figli le figure educative sappiano offrire regole ragionevoli, dare limiti sensati, creare occasioni in cui i ragazzi siano “costretti” a confrontarsi con se stessi, coi propri limiti, a sfidarsi e sviluppare nuove risorse.

Dovremmo trovare il coraggio di esimerci dall’idea di asportare chirurgicamente ogni forma di dolore e di frustrazione dal cammino di crescita dei nostri figli.

I genitori devono essere figure di riferimento per l’ascolto, il confronto, il dialogo, ma non possono e non devono sostituirsi ai figli, mettersi al loro servizio, risparmiare loro frustrazioni e voler sgravare i figli dalle proprie responsabilità: dovremmo trovare il coraggio di esimerci dall’idea di asportare chirurgicamente ogni forma di dolore e di frustrazione dal cammino di crescita dei nostri figli. Educare è un affascinante mestiere, dove non ci sono regole o formule fisse da seguire. L’obiettivo è però chiaro: preparare i più giovani ad affrontare le difficili sfide del futuro ed a camminare con le proprie gambe. Il coraggio che i figli ci chiedono è quello di essere per loro una presenza sicura, un’ancora di salvezza e al tempo stesso avere anche il coraggio di rispondere “no” anche se questo porta ad un duro confronto oppure alla gestione di reazioni sproporzionate o isteriche dalla parte dei figli.

Dire no è difficile, soprattutto quando ci si deve mettere contro l’arreso senso comune di tanti genitori, quando si intuisce che occorre affrontare battaglie campali, reazioni isteriche, interminabili silenzi. Eppure fa tutto parte del magnifico mestiere di educare.

 

Carolina Montagni (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)

 

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