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L'arte svedese di mettere in ordine

Ormai si è perso il conto dei libri pubblicati sul tema del “decluttering”, dopo il successo mondiale del libro Il magico potere del riordino della giovane giapponese Marie Kondo. Tutti sembrano avere scoperto, quasi all’improvviso, che “meno” è meglio che “più”: che una casa con pochi, begli oggetti disposti con cura sui mobili è molto più elegante di un ambiente pieno di ciarpame da poco prezzo. La scia di pubblicazioni che il cosiddetto “Metodo Konmari” ha sostenuto e alimentato in questi anni non accenna a perdere potenza, nonostante si tratti di epigoni che non apportano significative novità all’approccio “buttare, donare, vendere” che la capostipite ha proposto come modalità operativa per alleggerire gli spazi in cui viviamo.

Il libro di Margareta Magnusson si inserisce appieno in questa moda riduzionista, ma con l’assunzione di un nuovo punto di vista: quello di chi, percorrendo la sua vita adulta, guarda al proprio futuro con la consapevolezza serena che, prima o poi, dovrà separarsi per sempre dagli oggetti che possiede.

La prospettiva della morte, percepita non come un crudele destino da rimuovere dalla coscienza, ma come l’orizzonte di senso verso il quale naturalmente tutti siamo direzionati, richiede a ciascuno di noi di fare una scelta: affidare per intero ai nostri familiari il carico psicologico e organizzativo di svuotare la nostra casa, oppure scegliere di destinare ogni giorno un po’ di tempo (non troppo, perché le cose belle da fare sono ancora molte!) a selezionare le nostre cose e immaginare il loro futuro: buttare via gli inutili servizi di piatti che noi non useremo mai più, e che non piacciono ai nostri figli e nipoti, eliminare la maggior parte dei vestiti, liberarsi di tutti i regali indesiderati e il ciarpame che abbiamo accumulato nel tempo. Ne beneficeremo noi, che col passare degli anni avremo sempre meno energie per tenere in ordine ciò che abbiamo in casa, e ne beneficerà chi – dopo di noi – farà meno fatica a gestire i nostri beni per dare alla casa ereditata una nuova finalizzazione.

Margareta, che si presenta come una arzilla signora “tra gli 80 e 100 anni”, ci offre tanti consigli pratici col sorriso sulle labbra, senza quell’ansia che spesso si accende nei nostri cuori ogni volta che pensiamo a che cosa accadrà quando noi non ci saremo più: arrivare preparati alla meta finale della nostra esistenza ci regala la dignità aggiuntiva di tutelare di più la nostra intimità, scegliendo accuratamente che cosa far trovare e che cosa eliminare subito, con l’effetto aggiuntivo – tutt’altro che banale – di alleggerire il dolore delle persone a cui siamo più legati all’indomani della nostra dipartita.

Leggere questo manualetto in controluce con il romanzo-testimonianza di Lydia Flem, Come ho svuotato la casa dei miei genitori (Archinto, 2005), ci permetterà di cogliere il profondo significato affettivo del messaggio di Margareta Magnusson, scoprendo che il riordino e la selezione dei nostri oggetti altro non sono che un grande gesto d’amore nei confronti delle persone che piangeranno la nostra scomparsa.

Maria Stella (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)

 

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