L'archeologia stradale e la Pop art
3-20 marzo 2012 - Vetrine
Mostra di Gianluca Camillo, con i contributi di Luigi Pulcini, Sara Andreucci, Luca Floridi
L'idea delle installazioni parte da uno studio sull'evoluzione della grafica dei segnali stradali. Icone del quotidiano, i segnali stradali hanno avuto una storia e nel tempo hanno subito un'evoluzione, oltre che nei materiali, anche nei simboli, passando da pittogrammi molto dettagliati nelle forme che volevano rappresentare, ad altri molto più stilizzati, standardizzati al massimo; tant'è che il simbolo dell'omino, ad esempio, perde il collo, i piedi e il terreno su cui poggia: i simboli poveri dei segnali contemporanei.
I segnali utilizzati nella mostra risalgono tutti cronologicamente agli anni Sessanta e Settanta. Segnali, i cui simboli sono divenuti ormai obsoleti, le pellicole rifrangenti invecchiate in tonalità di colore differenti, sfumate, scritte che hanno impresso sensazioni, scoli di ruggine e piegature per incidenti, piccole o grandi differenze grafiche... ognuno diviene un pezzo unico, il tempo gli attribuisce un valore intrinseco, non misurabile certo in termini economici ma di interesse visivo.
Sarebbe un peccato perderli in ammassi di ferraglie. Ecco quindi che dall'ambiente "strada", passando attraverso i ferri vecchi, vengono disambientati, spostati dove possono continuare ad esprimere qualcosa di diverso; magari all'interno di uno spazio espositivo pulito come una galleria. E qual è il tramite naturale, attraverso il quale questi oggetti dell'urbano quotidiano, vengono elevati verso un concetto diverso e astratto, che è proprio dell'arte? La tela. Che sarà presenza ricorrente in quasi tutte le vetrine. Un piccolissimo esperimento di Pop art.
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Ultimo aggiornamento giovedì, 7 maggio 2020
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L'idea delle installazioni parte da uno studio sull'evoluzione della grafica dei segnali stradali. Icone del quotidiano, i segnali stradali hanno avuto una storia e nel tempo hanno subito un'evoluzione, oltre che nei materiali, anche nei simboli, passando da pittogrammi molto dettagliati nelle forme che volevano rappresentare, ad altri molto più stilizzati, standardizzati al massimo; tant'è che il simbolo dell'omino, ad esempio, perde il collo, i piedi e il terreno su cui poggia: i simboli poveri dei segnali contemporanei.
I segnali utilizzati nella mostra risalgono tutti cronologicamente agli anni Sessanta e Settanta. Segnali, i cui simboli sono divenuti ormai obsoleti, le pellicole rifrangenti invecchiate in tonalità di colore differenti, sfumate, scritte che hanno impresso sensazioni, scoli di ruggine e piegature per incidenti, piccole o grandi differenze grafiche... ognuno diviene un pezzo unico, il tempo gli attribuisce un valore intrinseco, non misurabile certo in termini economici ma di interesse visivo.
Sarebbe un peccato perderli in ammassi di ferraglie. Ecco quindi che dall'ambiente "strada", passando attraverso i ferri vecchi, vengono disambientati, spostati dove possono continuare ad esprimere qualcosa di diverso; magari all'interno di uno spazio espositivo pulito come una galleria. E qual è il tramite naturale, attraverso il quale questi oggetti dell'urbano quotidiano, vengono elevati verso un concetto diverso e astratto, che è proprio dell'arte? La tela. Che sarà presenza ricorrente in quasi tutte le vetrine. Un piccolissimo esperimento di Pop art.
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