Invidia: la passione triste
La stessa etimologia della parola (dal latino in-videre, guardare storto) porta con sé un quid di sinistro, di passione “triste”, come la definisce Elena Pulcini, professoressa e studiosa di filosofia sociale, che ha posto al centro della sua ricerche il tema delle passioni e delle patologie sociali della modernità. È triste il sentimento dell’invidia, perché può trasformarsi facilmente in un vero e proprio risentimento che inquina e avvelena i rapporti umani: si soffre dell’altrui benessere, della felicità degli altri, perché viene vissuta come una diminuzione del proprio essere. Il confronto con gli altri, in questo caso, genera rancore, rabbia, depotenziando la propria identità. Il volume della Pulcini offre quindi un’interessante sintesi di questo sentimento che spazia dalla cultura greca sino ai nostri giorni – è il peccato di Caino verso Abele, quello di Saul nei confronti di Davide e infine anche quello di Grimilde per Biancaneve - e può riassumersi nell’affermazione dello scrittore statunitense Joseph Epstein che considera l’invidia «il più insidioso dei vizi capitali».
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Ultimo aggiornamento martedì, 22 settembre 2015
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