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Il posto

 

In collaborazione con l'Accademia Pistoiese del Ceppo, proponiamo le motivazioni dei tre vincitori dell'edizione 2014 del Premio Letterario Internazionale Ceppo Pistoia (vedi).

 

Jorie Graham vince il "Premio Ceppo Internazionale Bigongiari" perché riattinge (come il poeta di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita) a quella poesia pensante europea – da Pindaro a Lucrezio, dal Cantico dei Cantici a San Giovanni della Croce, da Leopardi a Dylan Thomas – che è ricerca di quel "posto" paradossale dove l'origine e la fine configgono tra loro, quel luogo di splendore e tenebra congiunti in "un campo unificato" delle forze. Spezzando le catene di ogni sapere e significato precostituito, Graham ritrova nel fondamento etico e civile della poesia l'alto appello a tenere insieme tutto il sapere e tutto il non sapere, a tenere ben stretto il filo di una logica del pensiero all’interno di ogni deriva irrazionale e di ogni prevaricazione del male. Così Graham concepisce la poesia come il laboratorio di una mente che interpreta e elabora il proprio vissuto alla luce delle grandi narrazioni in poesia, arte e musica.

Con una lingua pentecostale e aurorale insieme, fuoco e acqua congiunti, che a tratti ricorda anche quella del poeta Zanzotto, la poesia di Graham si snoda in un unico, ininterrotto, flusso della coscienza in cui al centro sta il paradigma della Natura, come emerge anche dalla "Piero Bigongiari Lecture" scritta per il premio, Parole dal posto degli umani.
Prima con L'angelo della piccola utopia (Sossella, 2008) e ora con Il posto (Mondadori, 2014) la sua traduttrice, Antonella Francini, l’ha accompagnata nel primo giorno in cui, nata a New York, ha sillabato nell’infanzia a Todi la prima parola in italiano. La madre, infatti, è l'artista Beverly Peppers, che ha eletto la cittadina umbra a sua dimora. Conducendo la Graham a riscoprire la lingua italiana, le ha fatto riattingere le fonti di quel lucreziano pensiero dell'essere con il quale Graham sa scolpire parole aguzze e taglienti, con versi pulsanti e intermittenti di luci che colpiscono le cose e le costringono a risonanze, a espandersi in mareggiate che portano le voci a infrangersi nelle immagini e viceversa.
Jorie Graham mette sotto assedio la lingua inglese nel "posto" dove la verticalità della poesia e l'orizzontalità del racconto, l'inno e il poema, s’incontrano e si scontrano. La parola poetica torna nel luogo originario della propria infanzia, al di là di ogni eliotiana "terra desolata", sprofonda nelle origini della poesia europea, italiana e francese in primo luogo, che lei ama. Rinascendo sempre nuova dal "tronco morto" di ogni significato, la poesia si fa interlocutoria, stupefatta, innamorata: "solo un esserci-ancora in questo piccolo / mondo multiforme d’apparente silenzio / d’infinito desiderio / e morte e / germogli – anche ora all’inizio di stagione – allungandosi, invisibili / si schiantano / i gusci – e premono – come la prima volta / che ci vedemmo tu e io – / subito impazienti...".

Paolo Fabrizio Iacuzzi (poeta e critico)

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