Il latte della madre
Non saremo mai abbastanza grati agli scrittori capaci di raccontarci le profondità dell'uomo e insieme le grandi vicende a cui la Storia le incatena. Non saremo mai abbastanza grati di quanto ci aiutano a conoscerci a fondo, a riflettere sul senso della nostra esistenza, sui legami umani e sulla posizione di ciascuno nel mondo. E non saremo mai abbastanza grati per le emozioni che ci fanno provare. Bisognerà allora essere molto riconoscenti alla lettone Dora Ikstena di aver scritto un grande romanzo, Il latte della madre, che riesce a raccontarci una intensa, delicata e dolorosa storia familiare e nello stesso tempo portare alla nostra attenzione e alla nostra memoria l'incubo vissuto fino a pochi anni fa dai paesi baltici stretti per quasi tutto il secolo scorso nella morsa dei due più terribili e violenti totalitarismi che l'Europa abbia conosciuto.
Se per il pubblico lettone sicuramente sarà stato quest'ultimo aspetto uno dei maggiori motivi di successo del libro in patria, nella bella edizione italiana (traduzione di Margherita Carbonaro) a toccarci ancor più in profondità sono soprattutto le note esistenziali della vicenda e i suoi personaggi, quasi tutti femminili, a partire dalle due protagoniste: una madre ferita e guastata dalla depressione, progressivamente risucchiata dal vortice del rifiuto della vita, e una figlia delicata e forte, straordinariamente intelligente, capace sin dalla più giovane età di trasformarsi in una sorta di madre della propria madre, ma cercando allo stesso tempo di resistere alla sua attrazione distruttiva e di crescere mantenendo rigogliose le proprie aspirazioni di vita e libertà. Entrambe narratrici in prima persona della storia del loro tormentato rapporto, le loro esistenze appaiono in questa narrazione a due voci come due clessidre affiancate: l'una si svuota e l'altra si riempie, in un drammattico inevitabile legame di destini che ha inizio dalla fuga della madre subito dopo il parto per sottrarsi all'allattamento, negando così il proprio latte alla neonata. E nello stesso modo sono avvinte le loro voci: la narrazione delicata e sempre più matura e cosciente della figlia alternata a quella sempre più gelida e oscura della madre. Alle loro vicende sono intrecciate quelle di pochi altri personaggi, tratteggiati anch'essi con grande umanità, e il grande movimento storico della libertà perduta e poi riconquistata dai popoli baltici, dagli anni del più opprimente totalitarismo sovietico al suo progressivo incrinamento e infine al suo crollo definitivo.
Voland, da anni ormai tra gli editori italiani più attenti alla produzione narrativa dell'est europeo, inaugura il 2018 con una vera perla: un romanzo toccante e necessario, che tiene insieme amore e dolore, sconforto e speranza, movimenti intimi ed eventi epocali. Un libro da leggere a tutte le età.
Martino Baldi (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento lunedì, 19 febbraio 2018
Non saremo mai abbastanza grati agli scrittori capaci di raccontarci le profondità dell'uomo e insieme le grandi vicende a cui la Storia le incatena. Non saremo mai abbastanza grati di quanto ci aiutano a conoscerci a fondo, a riflettere sul senso della nostra esistenza, sui legami umani e sulla posizione di ciascuno nel mondo. E non saremo mai abbastanza grati per le emozioni che ci fanno provare. Bisognerà allora essere molto riconoscenti alla lettone Dora Ikstena di aver scritto un grande romanzo, Il latte della madre, che riesce a raccontarci una intensa, delicata e dolorosa storia familiare e nello stesso tempo portare alla nostra attenzione e alla nostra memoria l'incubo vissuto fino a pochi anni fa dai paesi baltici stretti per quasi tutto il secolo scorso nella morsa dei due più terribili e violenti totalitarismi che l'Europa abbia conosciuto.
Se per il pubblico lettone sicuramente sarà stato quest'ultimo aspetto uno dei maggiori motivi di successo del libro in patria, nella bella edizione italiana (traduzione di Margherita Carbonaro) a toccarci ancor più in profondità sono soprattutto le note esistenziali della vicenda e i suoi personaggi, quasi tutti femminili, a partire dalle due protagoniste: una madre ferita e guastata dalla depressione, progressivamente risucchiata dal vortice del rifiuto della vita, e una figlia delicata e forte, straordinariamente intelligente, capace sin dalla più giovane età di trasformarsi in una sorta di madre della propria madre, ma cercando allo stesso tempo di resistere alla sua attrazione distruttiva e di crescere mantenendo rigogliose le proprie aspirazioni di vita e libertà. Entrambe narratrici in prima persona della storia del loro tormentato rapporto, le loro esistenze appaiono in questa narrazione a due voci come due clessidre affiancate: l'una si svuota e l'altra si riempie, in un drammattico inevitabile legame di destini che ha inizio dalla fuga della madre subito dopo il parto per sottrarsi all'allattamento, negando così il proprio latte alla neonata. E nello stesso modo sono avvinte le loro voci: la narrazione delicata e sempre più matura e cosciente della figlia alternata a quella sempre più gelida e oscura della madre. Alle loro vicende sono intrecciate quelle di pochi altri personaggi, tratteggiati anch'essi con grande umanità, e il grande movimento storico della libertà perduta e poi riconquistata dai popoli baltici, dagli anni del più opprimente totalitarismo sovietico al suo progressivo incrinamento e infine al suo crollo definitivo.
Voland, da anni ormai tra gli editori italiani più attenti alla produzione narrativa dell'est europeo, inaugura il 2018 con una vera perla: un romanzo toccante e necessario, che tiene insieme amore e dolore, sconforto e speranza, movimenti intimi ed eventi epocali. Un libro da leggere a tutte le età.
Martino Baldi (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
- Ultimo aggiornamento lunedì, 19 febbraio 2018