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Il bambino nascosto

Scrittore e sceneggiatore, regista di teatro di prosa, Roberto Andò vanta una notevole filmografia. Tra i suoi film premiati con importanti riconoscimenti vanno annoverati Sotto falso nome con Daniel Auteuil, Le confessioni con Toni Servillo e Pierfrancesco Favino e Una storia senza nome con Micaela Ramazzotti e Laura Morante. La sua carriera cinematografica si alterna con le molte regie teatrali e anche con la scrittura di alcuni romanzi: Il trono vuoto che nel 2012 vince il Premio Campiello, e da cui trae la sceneggiatura per il film Viva la libertà, e Il bambino nascosto, romanzo da poco edito per la casa editrice La nave di Teseo.

Anche quest’ultima opera si muove nelle sembianze delle tecniche cinematografiche: il libro è già cinema nelle movenze del buio-luce, interno ed esterno e nelle ampie descrizioni di Napoli, una città affrescata nelle sue molteplici sfaccettature. In questo perimetro si muovono i personaggi: Ciro, figlio di un camorrista e autore per sbaglio di uno sgarbo al boss del quartiere e Gabriele Santoro, musicista solitario e omosessuale, professore stimato del Conservatorio di Napoli. Così una mattina mentre Gabriele si rade la barba, declamando una poesia di Kostantinos Kavafis, poeta greco che il professore percepisce come alter-ego e antidoto alla sua solitudine, Ciro entra di nascosto nella sua casa in cerca di un nascondiglio sicuro e di un appiglio di salvezza. Da una parte il bambino, impaurito e stanco anche della volgarità atroce della sua famiglia, dall’altra Gabriele, un uomo ormai adulto che decide di rompere l’esilio volontario per cercare di offrire un’altra possibilità al suo nuovo inquilino. Intorno a loro personaggi più o meno mediocri, tra cui spicca Renato, il fratello di Gabriele che svolge la carriera di magistrato. Gabriele e Ciro sono personaggi potentemente tratteggiati in un plot che fa quasi da cornice e da premessa del libro: c’è Napoli fatta di quartieri, città e corpi che chiedono giustizia e poi ci sono i due protagonisti del romanzo, speculari ma identici: Ciro, stretto nella sua fame di affetto, che almeno prova a non lasciarsi sopraffare dall’inazione e Gabriele che si fa quasi travolgere dall’imprevisto come fosse il segno atteso per riscattarsi da una vita tediosa. A dividere lo spazio tra i due ci sono gli intermezzi poetici di Kostantinos Kavafis (posti anche in esergo a ciascun capitolo) e il messaggio di un otium che si trasforma in negotium: la letteratura, la cultura, la poesia davvero divengono nell’opera di Andò strumenti salvifici per la propria anima. In questo romanzo, così delicato e coriaceo allo stesso tempo, che procede in un andamento prosaico solo all’apparenza morbido, torna al centro l’uomo, la sua robustezza e la sua fragilità, compiuta nell’inseguimento di sogni e desideri che gli appartengono.

Carolina (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)

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