Biblioteca San Giorgio, Pistoia


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I verbi della San Giorgio.

 

I metalli di Marco Gargini

 

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7 dicembre 2017 - 7 gennaio 2018 - Vetrine

Inaugurazione giovedì 7 dicembre 2017, ore 17

La mostra è un omaggio a Marco Gargini, uno scultore singolare, un “maestro artigiano” nella lavorazione dei metalli.
Operaio delle Officine Breda di Pistoia, Gargini ha saputo estrarre dal suo lavoro quotidiano una vasta conoscenza tecnica dei metalli e della loro manipolazione, attingendo dalla sua esperienza lo stimolo ad usare rame, ottone, ferro, acciaio per dare forma alle sue convinzioni ideali. I temi delle sue opere sono stati molteplici, e questa mostra ne evidenzia solo alcuni: dai problemi sociali, ai ritratti dei grandi uomini del passato, dall’omaggio alle donne fino alle forme scattanti o brulicanti dei suoi animali.

Il suo è stato il risultato di un paziente lavoro di plasmatura “a fuoco”, complesso e affascinante, attraverso il quale le opere hanno preso forma, colorandosi di incredibili sfumature. Il martello, l’incudine e la fiamma sono stati gli strumenti con i quali ci ha raccontato le sue storie, tenendo viva una tradizione che per lungo tempo è stata una peculiarità di Pistoia.

Nella mostra, sono presentate alcune tematiche di Gargini. Tra queste le donne dai lunghi ed eleganti colli, un omaggio dello scultore al grande Modì, e i ritratti degli uomini illustri del Rinascimento fiorentino, tra i quali il busto di Lorenzo il Magnifico, che ha posata sul cappello una piccolissima mosca simbolo quasi invisibile della famosa “Quant’è bella giovinezza,/ che si fugge tuttavia!/ chi vuol esser lieto, sia:/ di doman non c’è certezza”. Le teste di Schiavo e la Fame nel mondo, testimoniano nella loro crudezza, le tragedie del nostro mondo, mentre i volti-automi vogliono essere uno sguardo sul futuro, su un domani che per Gargini vedrà l’uomo arrendersi passivo alla tecnologia.

 

 

Marco Gargini nasce a Pistoia il 27 Ottobre 1926. La sua vita è comune a quella di tanti bambini del suo tempo: frequenta la scuola elementare statale, poi l’istituto professionale. All’età di quattordici anni, a causa del primo bombardamento che colpisce Pistoia nel 1943, Marco con la sua famiglia ripara a casa dei nonni materni a Bonelle. Il padre emigra in nord Italia, a Cambiano in provincia di Torino, per lavorare come stampista alla San Giorgio (poi Breda), dov’è dislocata una sede dell’azienda pistoiese. La figura paterna si vela di un’aura quasi rivoluzionaria: è lo stesso Marco a definirlo «sangue bollente», un perseguitato politico, licenziato come impiegato alle ferrovie, poi emigrato a Parigi per un impiego alla Renault, fino alla guerra che lo costringe alla via per Cambiano, ed al ritorno a Pistoia nelle ferrovie. Ma col padre parte pure il figlio Marco per entrare a lavorare nell’azienda, dove apprende il lavoro manuale di lamierista cui si dedicherà per molto tempo e che lo porterà ad essere un maestro nell’arte della scultura. Ma l’impiego di Cambiano non dura molto, forse un biennio: padre e figlio ritornano a Pistoia. Dopo la guerra, Gargini riprende il suo normale lavoro alla San Giorgio, ora a Pistoia, collaborando con le Officine Ricciarelli come costruttore di forme in metallo e lavorando in carpenteria leggera nell’officina meccanica Govoni. Intorno al 1985, dopo quarant’anni di incarico come realizzatore di prototipi per modelli, Gargini va in pensione e può concentrarsi alla scultura e alla poesia. Passa così interi pomeriggi nel suo laboratorio, eccetto, stando alle sue parole, «quando c’è il sole vado a fare delle passeggiate», immerso nei metalli (lamine di ferro, di acciaio, di cromo, di acciaio inox, di rame, di ottone, di alluminio) che assembla, salda, piega con la sua speciale manualità ricevuta come dono. «La prima opera la feci nel ’74: era un mocassino, una scarpa!»; altre importanti e riconosciute sono la scultura di Ugo la Malfa «che ho consegnato al figlio Giorgio», mentre al 1982 risale il profilo di rame che ritrae il volto con pipa ed occhiali del Presidente Pertini, in visita alla Breda. Un amore incondizionato quello per l’arte nato già fin da ragazzino, quando il padre lo portava a Firenze in gita ai musei e a respirare «quell’aria così carica di cultura ». Sono anni di intenso lavoro: volti, ritratti, animali, soggetti astratti riempiono nel tempo il suo studio o per meglio dire la sua officina, dove le opere sono modellate manualmente piegando con forza le lamine metalliche che vengono poi assemblate con la potenza del fuoco. I colori sono quelli naturali dei diversi metalli utilizzati, sui quali Gargini, con particolari tecniche, interviene giocando con toni chiari e scuri. Nel 2000 una grave malattia impedisce a Gargini l’uso di mano e gamba destre, ma, pur costretto ad abbandonare la scultura, continua a scrivere versi e a dipingere con la mano sinistra. Gli ultimi anni della sua presenza passano lentamente, con un misto di rassegnazione, di bilancio esistenziale, ma pur sempre attaccato ai valori più positivi della vita, riscontrabili ampiamente nei suoi versi. Marco Gargini muore il 20 Ottobre 2010.

 

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