Biblioteca San Giorgio, Pistoia


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I libretti d'opera

 

Mostra bibliografica a cura di Ilaria Rabatti

31 maggio - 31 agosto 2019 Teche espositive Sala Dipartimenti

In occasione della Festa Europea della Musica che si celebra ogni anno il 21 giugno, giorno del solstizio d’estate, nelle 4 teche espositive al primo piano della Biblioteca, divisa tra ingresso e Sala Dipartimenti, è possibile visitare una piccola mostra dedicata ad un particolare genere musicale: l'opera. I materiali bibliografici esposti, provenienti tutti dalla Donazione Anna Paola Campori Mettel, riguardano soprattutto i libretti d'opera a stampa, databili per la maggior parte tra la seconda metà dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, con alcune propaggini novecentesche che giungono fino agli Sessanta (i due libretti per musica di Elio Pagliarani e Gino Negri).


Nel corso dell'Ottocento, l’opera lirica venne assumendo in Italia il risalto di un fenomeno artistico e sociale, svolgendo anche una spiccata funzione intermediaria nell'articolata compagine politico-sociale del paese. Ed il libretto, fin dalla nascita dell’opera, ha sempre avuto un ruolo fondamentale nel successo di questo genere musicale. L’acquisizione dei diritti su un libretto era sovente il primo passo da compiere in vista della produzione di un’opera, così come la mancanza di un buon libretto era una ragione che ne impediva la realizzazione.

Fino a quando fu in vigore la consuetudine di adattare a ogni rappresentazione la partitura e la scenografia alle esigenze dei cantanti o al gusto del pubblico, la stampa dei libretti fu affidata a tipografi locali. E proprio alla fretta, con la quale furono spesso costretti a ricomporre i testi a pochissimo dall’andata in scena, sono da attribuirsi i molti refusi tipografici contenuti talvolta nei testi. Successivamente, con l’affermarsi di una legislazione internazionale a tutela dei diritti di riproduzione, i testi dei melodrammi furono sempre meno soggetti a modifiche e i libretti stampati “per l’occasione” furono progressivamente sostituiti da libretti standard. Anche i testi poetici, come le partiture d’opera, divennero proprietà di impresari e di editori musicali (tra i più importanti in Italia vi furono Ricordi e Sonzogno). I libretti, se non in occasioni importanti, non presentarono nessun riferimento a una particolare rappresentazione e in genere non si indicò più l’anno di stampa (presente talvolta nel timbro a secco). Inoltre, per iniziativa dell’editore Ricordi, dal 1870 circa, si cominciarono a sostituire a copertine spartane, copertine disegnate con soggetti che spesso evocavano scene dell’opera stessa, elaborate graficamente da importanti artisti e cartellonisti dell'epoca (Borzagni, Chini, Hohenstein, Mataloni, Villa e Metlicovitz).

Belli da vedere, oggetto da collezione per melomani, i libretti d’opera forniscono anche una serie di preziose informazioni sull’attività svolta dietro le quinte di ogni rappresentazione, divenendo fonti insostituibili sia per risalire alla genesi di un evento teatrale, sia per conoscere le vicende delle maestranze e degli operatori che ricoprirono i vari ruoli nel teatro d’opera.

Uno dei primi collezionisti di libretti d’opera del Novecento fu Ulderico Rolandi (Roma 1874-1951). Studioso appassionato del melodramma, la sua raccolta, composta da circa 32.000 esemplari, fu acquisita da Vittorio Cini nel 1956 e collocata presso l’Istituto per le Lettere, il Teatro e il Melodramma della Fondazione Cini. Il libro di Rolandi sulla propria collezione, Il libretto per musica attraverso i tempi, stampato a sua cura nel 1951, è il primo che tenti una classificazione dei libretti per musica e per il ballo. Si tratta di un fondamentale punto di partenza per chi desideri approfondire una materia in cui non è sempre facile districarsi. L'assenza di date che caratterizza molti opuscoli e la scarsità di notizie reperibili sulle opere che non ebbero fortuna, fa sì che quasi ogni libretto, tra edizioni diverse, rifacimenti, riproduzioni, rappresenti un piccolo enigma bibliografico la cui soluzione è appesa a un filo.

Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, "il cieco furor melodrammatico" che spingeva compositori e librettisti a sfornare opere a getto continuo, spesso in modo sciatto e trasandato sia dal punto di vista metrico che grammaticale, favorì la nascita di un genere "parodistico", di cui in mostra è possibile vedere due rari e curiosi esempi: Impressioni della Boemme raccontate a veglia lì da Merigo 'n Porta 'l Borgo da un funaio riposato e stenobecerografate da X, Y, Z e La Barcaccia detta anche La nave di Gaetannunzio (Metamoros).


 

 

 

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