Homer & Langley
La vicenda si rifà a una storia realmente accaduta nella prima metà del secolo scorso. Langley torna in America traumatizzato dall'esperienza della prima guerra mondiale, dopo essere stato dato per disperso. Nel frattempo il fratello Homer, che è anche il narratore del libro, è diventato cieco e i genitori sono morti. Da quel momento in poi i due fratelli si chiudono nella casa che hanno ereditato, in una ricerca ossessiva di indipendenza dal mondo e in preda a un bisogno patologico di accumulare le cose più strane e inutili, ingombrando progressivamente la casa al punto tale da renderla completamente impraticabile. Ma la Storia è più forte di ogni volontà ed ecco allora che, nonostante la scelta di isolarsi, l'abitazione diventa, nei trent'anni narrati da Doctorow, una sorta di America "in vitro", attraversata dalle grandi feste degli anni dello swing, gangster in fuga, poliziotti corrotti, immigrati, figli dei fiori, giornalisti scatenati e quant'altro ha segnato la prima metà del ventesimo secolo americano, fino alla fine tragica dei due fratelli. Quella di Homer e Langley è una vicenda potentissima, capace di raccontarsi da sola e per questo difficilissima da trattare. Invece Doctorow la doma e la fa lievitare, di pagina in pagina, sia nella sua tenuta narrativa che nel suo spessore simbolico. E quando Langley, all'apice di un crescendo di irragionevolezze "scientifiche", compra un'automobile Ford T-Model, la parcheggia in salotto e cerca di modificarla per fargli produrre energia elettrica per la casa, sperando di potersi rendere indipendente dalla rete elettrica della città di New York, si ha l'ennesima conferma che la vita è sempre oltre la letteratura, che la realtà è una tigre indomabile e che soltanto pochi grandissimi scrittori fingendo di arrendersi, sanno ancora blandirla e convincerla a stare chiusa dentro un libro. Non per addomesticarla ma per far sentire il suo ruggito ancora più lontano.
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento giovedì, 23 luglio 2015
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La vicenda si rifà a una storia realmente accaduta nella prima metà del secolo scorso. Langley torna in America traumatizzato dall'esperienza della prima guerra mondiale, dopo essere stato dato per disperso. Nel frattempo il fratello Homer, che è anche il narratore del libro, è diventato cieco e i genitori sono morti. Da quel momento in poi i due fratelli si chiudono nella casa che hanno ereditato, in una ricerca ossessiva di indipendenza dal mondo e in preda a un bisogno patologico di accumulare le cose più strane e inutili, ingombrando progressivamente la casa al punto tale da renderla completamente impraticabile. Ma la Storia è più forte di ogni volontà ed ecco allora che, nonostante la scelta di isolarsi, l'abitazione diventa, nei trent'anni narrati da Doctorow, una sorta di America "in vitro", attraversata dalle grandi feste degli anni dello swing, gangster in fuga, poliziotti corrotti, immigrati, figli dei fiori, giornalisti scatenati e quant'altro ha segnato la prima metà del ventesimo secolo americano, fino alla fine tragica dei due fratelli. Quella di Homer e Langley è una vicenda potentissima, capace di raccontarsi da sola e per questo difficilissima da trattare. Invece Doctorow la doma e la fa lievitare, di pagina in pagina, sia nella sua tenuta narrativa che nel suo spessore simbolico. E quando Langley, all'apice di un crescendo di irragionevolezze "scientifiche", compra un'automobile Ford T-Model, la parcheggia in salotto e cerca di modificarla per fargli produrre energia elettrica per la casa, sperando di potersi rendere indipendente dalla rete elettrica della città di New York, si ha l'ennesima conferma che la vita è sempre oltre la letteratura, che la realtà è una tigre indomabile e che soltanto pochi grandissimi scrittori fingendo di arrendersi, sanno ancora blandirla e convincerla a stare chiusa dentro un libro. Non per addomesticarla ma per far sentire il suo ruggito ancora più lontano.
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
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