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Happy hour

Se le cronache letterarie non avessero registrato, nero su bianco, che questo romanzo è uscito a metà gennaio 2020, saremmo tutti pronti a scommettere che l’autore si sia ispirato al Covid 19 per raccontare le tragiche vicende occorse nella città di Milano, sconvolta da una inspiegabile epidemia di suicidi. Eppure fino al giorno prima del “Caso Zero”, nessuno avrebbe potuto negare che nel motore morale ed economico dell’Italia tutto stava andando benissimo: bastava aggirarsi per Corso Buenos Aires il sabato pomeriggio al momento dell’happy hour, per immergersi in quella speciale atmosfera che solo Milano, capitale della moda e della finanza, sa offrire ai suoi protagonisti: tutti belli, giovani, felici, ricchi, pieni di speranze per il futuro e di orgoglio per essere stati capaci di cavalcare la propria onda.

I bar disseminati lungo questa strada, simbolo della ricchezza e della prosperità, sono talmente colmi di persone che bisogna rallentare, scansare gli assembramenti, farsi da parte per godere del meraviglioso spettacolo che i riti del consumismo offrono agli occhi del passante, celando solo in parte un lato oscuro che tutti si impegnano a ignorare: “I contenitori di spazzatura rigurgitano carta oleata, focaccia masticata, bottiglie infrante, barattoli schiacciati, plastiche accartocciate.”

Mario Spinoza, docente di Letteratura francese presso l’Università Cattolica di Milano, è un cinquantenne deluso dalla vita, che si immerge nell’happy hour da spettatore esterno, incapace di partecipare in prima persona alla rappresentazione della felicità: i suoi pensieri sono tutt’altro che felici, correndo sotto traccia verso i problemi quotidiani del suo matrimonio finito male, per poi mescolarsi alle questioni filosofiche connesse alla Peste di Albert Camus, il libro a cui ha dedicato il corso monografico che sta per concludersi.

Ma c’è qualcosa nell’aria destinato a cambiare le sorti della città: prima un suicidio, poi un altro, poi un altro ancora. In pochi giorni sono decine e decine le persone che si tolgono la vita: giovani e vecchi, imprenditori e casalinghe, ricchi e poveri. Quello che colpisce Milano (e solo Milano, perché nell’hinterland tutto va avanti normalmente) è una vera e propria epidemia, che costringe le autorità competenti a dichiarare lo stato di emergenza, attivare la quarantena e porre la città sotto assedio.

Il mistero sull’origine della malattia contagiosa è così fitto da richiedere un’indagine poliziesca di tutto rispetto: quella che compie Mario, però, è un’indagine filosofica, tra ironia svagata e acuto pensamento, che ci regala un equilibrio perfetto tra rinuncia all’investigazione e abbandono della ricerca di risposte.

Scritto in uno stile che si fa notare per l’inconsueta sobrietà, Happy hour è un romanzo di pensieri e parole che ci offrono un ritratto delicato, quasi impressionistico, di una Milano che non è più da bere, ma che forse merita ancora di essere amata.

Maria Stella (Biblioteca San Giorgio)

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