Firenze: i giorni del diluvio
A quasi cinquant'anni dall'evento, l'alluvione di Firenze resta una tra le più indimenticabili calamità naturali occorse all'Italia nel dopoguerra.
A fissare nella memoria collettiva l'alluvione fiorentina, che costò nell'intero bacino dell'Arno tra le 30 e le 40 vittime, poche rispetto ad altri catastrofi che però ebbero molto più gravi in termini di perdite di vite umane (basti pensare alle quasi 2000 vittime della frana del Vajont dell'ottobre 1963 o alle quasi 3000 del terremoto che colpì l'Irpinia nel novembre del 1980), furono soprattutto i danni al patrimonio artistico e la reazione nazionale e internazionale. Sin dai giorni immediatamente seguenti, mentre l'Italia mostrava enormi limiti organizzativi nella gestione delle emergenze, accorsero a Firenze spontaneamente giovani da tutta Italia e da tutto il mondo per portare il loro aiuto, soprattutto nel quartiere di Santa Croce, dove l'esondazione aveva causato i danni più ingenti (si pensi all'emblematico Crocifisso di Cimabue, conservato nella Basilica di Santa Croce e reso in gran parte irrecuperabile, e ai danni ingentissimi causati al patrimonio librario della Biblioteca Nazionale).
Furono in migliaia a soccorrere Firenze, dando un senso concreto a quel modo di dire che a volte può sembrare puramente retorico per cui Firenze e la sua arte sono un "patrimonio del mondo", che poi era anche lo slogan dell'appello lanciato in Italia e all'estero, attraverso un un documentario girato dal regista fiorentino Franco Zeffirelli in cui l’attore Richard Burton rivolgeva, in italiano, un appello in cui sottolineava, appunto, come “Firenze ha bisogno di tutti noi perché appartiene al mondo”. Uomini, donne, ragazze e ragazzi continuarono a scavare con le pale e con le mani incuranti della stanchezza e del fango in uno sforzo di eccezionale altruismo, tanto che esemplare divenne anche il modo in cui furono subito denominati: "gli angeli del fango".
Nel corso di questi anni molto è stato scritto e molto si è visto a proposito dell'alluvione del '66, dai documentari più approfonditi e dagli studi più seri fino fino alla famosa ed esilarante scena dell'alluvione nel film di Monicelli Amici miei atto II. Tra i numerosi documenti il più toccante è probabilmente questo volume di Franco Nencini, precursore degli instant-book, che l'editore Sansoni confezionò e mandò alle stampe in appena un paio di settimane, con uno sforzo editoriale all'epoca non indifferente, corredato di fotografie che fecero il giro del mondo anche senza gli straordinari mezzi della odierna telematica.
Il racconto di Nencini risente dunque ancora della drammaticità delle ore a ridosso del disastro, per quello che fu e anche per ciò che di ancor più tragico avrebbe potuto accadere se solo quel mattino del 4 Novembre il centro di Firenze non fosse stato spopolato, rispetto a una normale e affollata giornata lavorativa, dalla celebrazioni della Giornata delle Forze Armate (inserita nel calendario delle festività nazionale fino al 1977, quando poi divenne “festa mobile” da celebrare ogni anno la prima domenica di Novembre). Una scrittura quella di Nencini, che racconta allo stesso tempo la propria vicenda individuale e quella di un'intera città, le drammatiche emozioni del disastro e quelle della reazione, il terrore di quanto avvenuto e la volontà di risorgere dal mare di fango ma anche l'ombra lunga proiettata da un evento del genere anche sul futuro. Non a caso uno degli ultimi capitoletti del libro si intitola “E se capitasse ancora domani?”. Una domanda a cui l'eco del tempo non ha saputo dare una risposta rasserenatrice, non solo per Firenze, ma per l'intero territorio italiano, martoriato sempre più frequentemente anche negli ultimi anni da episodi altrettanto drammatici che mettono in evidenza purtroppo come, nonostante la possibilità di supporto data dalle nuove tecnologie, la immane lezione del 1966 non sia stata ancora messa a tesoro.
Per ricordare l'alluvione del 1966 e la grande opera di volontariato internazionale che seppe ridonare a Firenze la speranza, la Biblioteca San Giorgio ospita sabato 29 novembre alle ore 10, in Auditorium Terzani, una giornate di testimonianze e riflessioni, intitolata Gli angeli del fango.
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento lunedì, 1 dicembre 2014
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A quasi cinquant'anni dall'evento, l'alluvione di Firenze resta una tra le più indimenticabili calamità naturali occorse all'Italia nel dopoguerra.
A fissare nella memoria collettiva l'alluvione fiorentina, che costò nell'intero bacino dell'Arno tra le 30 e le 40 vittime, poche rispetto ad altri catastrofi che però ebbero molto più gravi in termini di perdite di vite umane (basti pensare alle quasi 2000 vittime della frana del Vajont dell'ottobre 1963 o alle quasi 3000 del terremoto che colpì l'Irpinia nel novembre del 1980), furono soprattutto i danni al patrimonio artistico e la reazione nazionale e internazionale. Sin dai giorni immediatamente seguenti, mentre l'Italia mostrava enormi limiti organizzativi nella gestione delle emergenze, accorsero a Firenze spontaneamente giovani da tutta Italia e da tutto il mondo per portare il loro aiuto, soprattutto nel quartiere di Santa Croce, dove l'esondazione aveva causato i danni più ingenti (si pensi all'emblematico Crocifisso di Cimabue, conservato nella Basilica di Santa Croce e reso in gran parte irrecuperabile, e ai danni ingentissimi causati al patrimonio librario della Biblioteca Nazionale).
Furono in migliaia a soccorrere Firenze, dando un senso concreto a quel modo di dire che a volte può sembrare puramente retorico per cui Firenze e la sua arte sono un "patrimonio del mondo", che poi era anche lo slogan dell'appello lanciato in Italia e all'estero, attraverso un un documentario girato dal regista fiorentino Franco Zeffirelli in cui l’attore Richard Burton rivolgeva, in italiano, un appello in cui sottolineava, appunto, come “Firenze ha bisogno di tutti noi perché appartiene al mondo”. Uomini, donne, ragazze e ragazzi continuarono a scavare con le pale e con le mani incuranti della stanchezza e del fango in uno sforzo di eccezionale altruismo, tanto che esemplare divenne anche il modo in cui furono subito denominati: "gli angeli del fango".
Nel corso di questi anni molto è stato scritto e molto si è visto a proposito dell'alluvione del '66, dai documentari più approfonditi e dagli studi più seri fino fino alla famosa ed esilarante scena dell'alluvione nel film di Monicelli Amici miei atto II. Tra i numerosi documenti il più toccante è probabilmente questo volume di Franco Nencini, precursore degli instant-book, che l'editore Sansoni confezionò e mandò alle stampe in appena un paio di settimane, con uno sforzo editoriale all'epoca non indifferente, corredato di fotografie che fecero il giro del mondo anche senza gli straordinari mezzi della odierna telematica.
Il racconto di Nencini risente dunque ancora della drammaticità delle ore a ridosso del disastro, per quello che fu e anche per ciò che di ancor più tragico avrebbe potuto accadere se solo quel mattino del 4 Novembre il centro di Firenze non fosse stato spopolato, rispetto a una normale e affollata giornata lavorativa, dalla celebrazioni della Giornata delle Forze Armate (inserita nel calendario delle festività nazionale fino al 1977, quando poi divenne “festa mobile” da celebrare ogni anno la prima domenica di Novembre). Una scrittura quella di Nencini, che racconta allo stesso tempo la propria vicenda individuale e quella di un'intera città, le drammatiche emozioni del disastro e quelle della reazione, il terrore di quanto avvenuto e la volontà di risorgere dal mare di fango ma anche l'ombra lunga proiettata da un evento del genere anche sul futuro. Non a caso uno degli ultimi capitoletti del libro si intitola “E se capitasse ancora domani?”. Una domanda a cui l'eco del tempo non ha saputo dare una risposta rasserenatrice, non solo per Firenze, ma per l'intero territorio italiano, martoriato sempre più frequentemente anche negli ultimi anni da episodi altrettanto drammatici che mettono in evidenza purtroppo come, nonostante la possibilità di supporto data dalle nuove tecnologie, la immane lezione del 1966 non sia stata ancora messa a tesoro.
Per ricordare l'alluvione del 1966 e la grande opera di volontariato internazionale che seppe ridonare a Firenze la speranza, la Biblioteca San Giorgio ospita sabato 29 novembre alle ore 10, in Auditorium Terzani, una giornate di testimonianze e riflessioni, intitolata Gli angeli del fango.
Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
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