Dimentica la notte
Giunta al suo secondo romanzo, dopo il fortunato Caldo amaro del 2016, la giovane scrittrice pesarese Sara Ferri ci squaderna davanti un thriller psicologico avvincente e serrato, con cui conferma la sua abilità nella costruzione dei dialoghi tra personaggi nitidamente delineati. Al centro della vicenda, ritroviamo la protagonista del primo romanzo, l’ispettrice di polizia Noelia Basetti, una giovane donna che non ha ancora trovato, e forse non troverà mai, un equilibrio accettabile tra il lavoro che le consuma tutte le energie, fino a diventare la ragione primaria della sua esistenza, e una vita privata segnata da dolorose sconfitte e scelte difficili. Impossibile non simpatizzare per Noelia: una donna che salta i pasti pur di seguire una pista d’indagine promettente, che a casa fa i conti col frigo vuoto, e che non disdegna il junk food pur di placare una fame che, ad una lettura più profonda, sembra andare al di là del cibo per diventare fame di affetti e di vita normale. Ma lo spazio per la normalità non c’è proprio per lei, presa com’è dallo scavare dentro l’efferatezza dei delitti su cui è chiamata ad indagare: delitti crudeli, che affondano le loro perverse radici in un fatto avvenuto nella notte di alcuni anni prima, quando alcuni ragazzi "perbene", in preda ai postumi di una canna di troppo, fuggono nella notte, senza apportare soccorso alla ragazza in bicicletta che hanno probabilmente ucciso, urtandola con l’auto durante una manovra maldestra. La perversione dei delitti su cui Noelia è chiamata ad indagare è di quelle che lascia senza fiato: il lettore è trascinato dentro la vicenda senza potersi staccare dalle pagine dense di dialoghi serrati e descrizioni nitidissime, in una sequenza veloce di fatti e supposizioni che si presta perfettamente alla riduzione cinematografica. Ma ciò che coinvolge – ancor più della vividezza delle azioni – è lo spessore psicologico della vicenda: il dolore profondo e inarrestabile di chi cerca vendetta, la sofferenza ancora più forte e tragica di chi non ha saputo assumersi le responsabilità delle proprie azioni, in un rispecchiamento di disperazione che porta buoni e cattivi a fare i conti con il baratro dell’abiezione umana.
Maria Stella (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento lunedì, 17 febbraio 2020
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Giunta al suo secondo romanzo, dopo il fortunato Caldo amaro del 2016, la giovane scrittrice pesarese Sara Ferri ci squaderna davanti un thriller psicologico avvincente e serrato, con cui conferma la sua abilità nella costruzione dei dialoghi tra personaggi nitidamente delineati. Al centro della vicenda, ritroviamo la protagonista del primo romanzo, l’ispettrice di polizia Noelia Basetti, una giovane donna che non ha ancora trovato, e forse non troverà mai, un equilibrio accettabile tra il lavoro che le consuma tutte le energie, fino a diventare la ragione primaria della sua esistenza, e una vita privata segnata da dolorose sconfitte e scelte difficili. Impossibile non simpatizzare per Noelia: una donna che salta i pasti pur di seguire una pista d’indagine promettente, che a casa fa i conti col frigo vuoto, e che non disdegna il junk food pur di placare una fame che, ad una lettura più profonda, sembra andare al di là del cibo per diventare fame di affetti e di vita normale. Ma lo spazio per la normalità non c’è proprio per lei, presa com’è dallo scavare dentro l’efferatezza dei delitti su cui è chiamata ad indagare: delitti crudeli, che affondano le loro perverse radici in un fatto avvenuto nella notte di alcuni anni prima, quando alcuni ragazzi "perbene", in preda ai postumi di una canna di troppo, fuggono nella notte, senza apportare soccorso alla ragazza in bicicletta che hanno probabilmente ucciso, urtandola con l’auto durante una manovra maldestra. La perversione dei delitti su cui Noelia è chiamata ad indagare è di quelle che lascia senza fiato: il lettore è trascinato dentro la vicenda senza potersi staccare dalle pagine dense di dialoghi serrati e descrizioni nitidissime, in una sequenza veloce di fatti e supposizioni che si presta perfettamente alla riduzione cinematografica. Ma ciò che coinvolge – ancor più della vividezza delle azioni – è lo spessore psicologico della vicenda: il dolore profondo e inarrestabile di chi cerca vendetta, la sofferenza ancora più forte e tragica di chi non ha saputo assumersi le responsabilità delle proprie azioni, in un rispecchiamento di disperazione che porta buoni e cattivi a fare i conti con il baratro dell’abiezione umana.
Maria Stella (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)
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