Dal vivo
Abbastanza inconsueto e affascinante al contempo, come struttura narrativa, il libro di Roberta De Monticelli è costruito come una lunga e metaforicamente dialogata lettera al figlio a cui la scrittrice si rivolge per affidare la propria voce e le proprie "idee" sottoforma di una "fiaba dell'alto, del largo e del vivo".
Durante una lunga estate in Toscana, tra grilli e cielo stellato, una donna affida a queste lettere "filosofiche" la sua scoperta "del vivo", un concetto che è anche una cognizione di vita: "Io parlo, parlo: eppure non lo so, che cos'è il vivo. So cosa fa. Chiama, a volte. E' quello che ci chiama nelle cose, quello di cui improvvise s'accendono, quando c'è come un vento che le ravviva". Ne esce un racconto d'estate che illumina la nostra quotidianità, attraverso una continua riflessione sulla dimensione spirituale, così come viene mediata dalla realtà delle cose in un itinerarium mentis che sceglie tre metaforiche stazioni di sosta: l'albero, le città e il deserto. Il senso altissimo di questo libro si può trovare infatti nella necessità di delineare, attraverso le idee, un processo di liberazione e di ri-scoperta "del vivo", della presenza prima di ogni cosa, della sua ora nascente, così essenziale alla vita di un uomo, alla creazione di responsabilità e coscienza intatte, in un "presente che non assomiglia più a un passare, ma a un vivo scaturire [...] il punto pullulante dell'origine continua".
Ilaria (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)
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Ultimo aggiornamento martedì, 24 dicembre 2013
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Abbastanza inconsueto e affascinante al contempo, come struttura narrativa, il libro di Roberta De Monticelli è costruito come una lunga e metaforicamente dialogata lettera al figlio a cui la scrittrice si rivolge per affidare la propria voce e le proprie "idee" sottoforma di una "fiaba dell'alto, del largo e del vivo".
Durante una lunga estate in Toscana, tra grilli e cielo stellato, una donna affida a queste lettere "filosofiche" la sua scoperta "del vivo", un concetto che è anche una cognizione di vita: "Io parlo, parlo: eppure non lo so, che cos'è il vivo. So cosa fa. Chiama, a volte. E' quello che ci chiama nelle cose, quello di cui improvvise s'accendono, quando c'è come un vento che le ravviva". Ne esce un racconto d'estate che illumina la nostra quotidianità, attraverso una continua riflessione sulla dimensione spirituale, così come viene mediata dalla realtà delle cose in un itinerarium mentis che sceglie tre metaforiche stazioni di sosta: l'albero, le città e il deserto. Il senso altissimo di questo libro si può trovare infatti nella necessità di delineare, attraverso le idee, un processo di liberazione e di ri-scoperta "del vivo", della presenza prima di ogni cosa, della sua ora nascente, così essenziale alla vita di un uomo, alla creazione di responsabilità e coscienza intatte, in un "presente che non assomiglia più a un passare, ma a un vivo scaturire [...] il punto pullulante dell'origine continua".
Ilaria (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)
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