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Campo di sangue

 

Dulce Maria Cardoso, scrittrice portoghese classe 1964, vinse con questo affascinante e inquietante romanzo d’esordio pubblicato nel 2001 il prestigioso Grande Prémio Acontece de Romance; da allora ha pubblicato Le mie condoglianze (Voland 2007), vincitore nel 2009 del Premio Letterario dell’Unione Europea, Il compleanno (Voland 2011), Premio Pen Club 2010, Il ritorno (Voland/Feltrinelli 2013), eletto libro dell’anno dai quotidiani “Público” ed “Expresso” e vincitore dell’English Pen Translate Award 2016 per la “straordinaria qualità letteraria” e infine Sono tutte storie d’amore (Voland 2017).

"Campo di sangue" è in parte ambientato nella sala d’attesa di un manicomio criminale dove quattro donne aspettano di venire interrogate da un medico. Sono tutte, in modo differente, legate a un uomo che è rinchiuso nella struttura perché colpevole di aver compiuto un delitto nello squallido pensionato dove viveva. C’è la madre, infastidita per essere stata catapultata fuori dalla rassicurante quotidianità di vedova solitaria; c’è l’ex-moglie che fuma una sigaretta dopo l’altra, incapace di misurarsi con una realtà profondamente diversa da quella fino a poco tempo prima condivisa con l’uomo; c’è la ragazza incinta dell’uomo, che patisce la sua gravidanza che la rende gonfia e appesantita; infine c’è la padrona della pensione, confusa e nel contempo compiaciuta dell’improvvisa notorietà che il fatto ha portato nella sua esistenza.

Ciascuna donna ripercorre la propria parte di vita incrociatasi con quella dell’uomo: un tipo di mezza età, nullafacente, mantenuto dall’agiata ex consorte, che lo ama ancora di un “amore esagerato, quasi una malattia”, che alloggia presso un triste pensionato a rischio permanente di sfratto, perché situato in un palazzo pericolante. Periodicamente l’uomo si reca a trovare la madre nel quartiere periferico dove è nato: visite brevi che la donna accoglie con spiccia condiscendenza. Da tempo – forse da sempre – i due non sanno più cosa dirsi né cosa li leghi. Periodicamente l’uomo frequenta Eva, la ex moglie da cui riceve soldi necessari al suo sostentamento. I due, dopo che il giudice legalmente li ha divorziati sono divenuti amanti, perché Eva si è risposata. L’uomo si è costruito quindi una sua vita metodica, piena di menzogne sempre nuove e sempre diverse a seconda dei destinatari. È divenuto un “inventore di fatti” volti a offrire un’aurea di rassicurazione e normalità riguardo alla sua vita: esce di buon’ora al mattino e vagabonda nella città fino a sera.

La cosa che davvero lo aveva convinto a rimanere, […] era la vita che si era inventato. Gli piaceva. Aveva orari fissi, si alzava tutti i giorni alla stessa ora, quando tornava raccontava aneddoti del lavoro, la segretaria era andata a convivere con il capomeccanico, un collega si era infortunato […] non voleva perdere questa vita, lo faceva sentire bene.

Il protagonista per la maggior parte del romanzo riesce ad essere quello che gli altri si aspettano: un buon marito, un bravo figlio, un buon lavoratore. Un giorno, però in riva al mare, avvista una “ragazza carina” e tutto il castello di menzogne che si era costruito fino ad allora non regge più. Permane solo una fitta nebbia che addensa tutte le azioni.

Un romanzo di non facile lettura sia perché la storia del protagonista non è narrata per intero, ma attraverso ciò che raccontano gli altri personaggi del libro, sia perché il testo alterna contemporaneamente i piani temporali del passato e del presente. A fine lettura, dopo un iniziale senso di “stordimento” avanza uno spettro di coscienza e consapevolezza: non è consentito, a noi umani, vivere pressati ed esacerbati dai condizionamenti sociali, dei quali non si può fare a meno ma che, nel contempo, si è incapaci di reggere.

Carolina (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)

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