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American dust

 

È una gran bella notizia quella che Minimum Fax abbia deciso di ripubblicare e ritradurre i romanzi di Richard Brautigan. Cometa della letteratura americana a cavallo tra anni '60 e anni '70, Brautigan è stato pubblicato in Italia da più editori nel corso del tempo (Rizzoli, Serra e Riva, Marcos y Marcos, Einaudi e, soprattutto, Isbn) ma senza che nessuno di questi sia riuscito a veicolare sull'autore una attenzione più che occasionale e a favorire una lettura complessiva della sua opera.

L'incredibile risultato, nel 1967, di un libro sorprendente e originale come "Pesca alla trota in America", quasi un manifesto per la controcultura americana dell'epoca, capace di vendere due milioni di copie nel mondo, per alcuni anni aprì un cono di luce, ricchezza e notorietà intorno a Brautigan, che fino ad allora era conosciuto negli ambienti letterari di San Francisco come un hippy gentile, perennemente squattrinato, autore di qualche poesia e di un romanzo d'esordio, "Il generale immaginario", passato sotto il silenzio generale e capace di vendere a malapena qualche centinaio di copie.

La popolarità, favorita anche da grandi estimatori come Kurt Vonnegut, gli cambia la vita. Si parla di lui come di uno dei più originali nuovi autori della narrativa americana. Se lo contendono editori, riviste letterarie, università, tabloid, trasmissioni radiotelevisive. È un successo degno di una rockstar ma destinato a decrescere inesorabilmente. Nessuno dei romanzi successivi avrà un seguito pari alla Pesca e Brautigan, personalità fragile e minata da innumerevoli traversie caratteriali e familiari (il padre Bernard scoprì della sua esistenza soltanto all'indomani del suo suicidio perché la madre, al momento della separazione, gli aveva nascosto di essere incinta), scivola progressivamente verso le sabbie mobili dell'alcolismo e della depressione.

Quando nel 1982 dà alle stampe “So the wind won't blow it all away“, tradotto in Italia col titolo "American Dust", è ormai uno scrittore fuori dal cerchio magico della letteratura che conta. Eppure quel romanzo, oltre che il più autobiografico, è forse anche il suo migliore. Sicuramente quello su cui Brautigan investe di più, se è vero, come raccontava, che la gestazione era stata lunga più di diciassette anni. Il libro è un lungo flashback in cui lo sguardo straniante e sognante tipico della prima scrittura di Brautigan si stempera in una malinconia senza fine alimentata dal tardo disincanto. Un uomo ricorda, quasi come a voler riattraversare una inquietante linea d'ombra, un antico episodio della sua adolescenza: un incidente in cui per sua colpa perde la vita un amico dell'epoca. Tutto ciò ambientato in un America rurale postbellica in cui ogni occasione, agli occhi dell'infanzia, è buona per fondare una propria indistruttibile mitologia della scoperta della vita e della realtà, in una sorta di piccolo "Stand-by-me" solitario e proletario.

È la dissolvenza di quello che simbolicamente può apparire il sogno americano ma che per la vita di Brautigan era ben più che un simbolo o una metafora. Il mancato riconoscimento da parte della critica del valore di questa opera estrema, ricca di una grazia dolente e poetica, contribuì senz'altro al colpo di grazia finale sul suo stato d'animo, già prostrato anche dai mille fallimenti della propria vita personale (tra cui due matrimoni con due donne giapponesi, paese da cui era sempre stato affascinato e di cui amava profondamente anche la letteratura). Brautigan, sentendosi alienato e rifiutato, nel 1984 , all'età di 49 anni, si trasferisce in una vecchia casa acquistata con gli ultimi risparmi, nella baia di Bolinas, in California. Lì, nell'autunno dello stesso anno, si toglie la vita sparandosi con una 44 Magnum. Difficile indicare con certezza in quale data, visto che il suo corpo viene rinvenuto il 25 ottobre riverso sul pavimento, davanti alla grande finestra del soggiorno affacciata sull'Oceano Pacifico, ormai in stato di decomposizione.

A restituire giustizia all'opera di Brautigan in Italia prova adesso dunque Minimum Fax. E l'impresa parte proprio dall'ultimo capitolo della sua parabola, proponendo di "“So the wind won't blow it all away“ una nuova traduzione, di Luca Briasco, che rispetto a quella realizzata da Enrico Monti per Isbn nel 2005 dona al testo un ritmo più sciolto e scelte lessicali più fresche. Il libro è arricchito da una postfazione che approfondisce il senso dell'opera di Brautigan e contestualizza il racconto nella storia americana degli anni Quaranta. Un'edizione che ha tutte le carte per mirare ad accrescere il numero dei suoi assidui e affezionati lettori italiani, pochi finora ma profondamente innamorati quanto si può esserlo soltanto di uno scrittore allo stesso tempo tanto fragile e tanto geniale.

Martino (bibliotecario, Biblioteca San Giorgio)

Il libro è stato promosso nell'ambito del progetto Bibliodiversità della Biblioteca San Giorgio

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