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A pietre rovesciate

 

«Io credo questo: le fiabe sono vere».

Lo scriveva Italo Calvino nell'introduzione alle Fiabe italiane ed è una frase che torna subito alla memoria leggendo A pietre rovesciate, l'esordio intenso, bello e possente di Mauro Tetti.

A pietre rovesciate è una ballata, triste e dolorosa che viene dalla terra di Sardegna, ma anche un canto dolce e melodioso che non si può fare a meno di ascoltare.

Impossibile riassumerne la trama perché, semplicemente, è uno di quei libri che vanno assolutamente letti.

Tutto è incerto in questo romanzo, persino il tempo che non si capisce bene come scorra, dalle origini dell'uomo, ai tempi attuali che ci sorprendono come uno schiaffo improvviso e rilevatore quando si accenna a oggetti contemporanei, come televisione o cellulare.

È una fiaba che ne riassume tante altre della tradizione sarda, sulle quali l'autore ha lavorato moltissimo, che ha rielaborato cambiando un particolare fondamentale: la donna nel suo romanzo è la vittima, e non il carnefice come invece vorrebbe la tradizione.

Sono molte e belle e dolenti e magiche le figure di donna che abitano questo romanzo. C'è Giana, «l'innamorata mia» di cui racconta il narratore, una fata un po' dispettosa e brutta e grassa ma per la quale si può morire, si può tentare di strappare l'ombra del campanile del paese, o catturare un raggio di sole o imbrigliare il vento solo perché lei lo ha chiesto e ha promesso in cambio un bacio sulle labbra. C'è poi nonna Dora, che racconta le fiabe ai ragazzi e Lucia rabbiosa che cura con le erbe e aggiusta le ossa e ha buoni rapporti solo con le bestie.

Sono tutti personaggi femminili duri, forti e bellissimi che si prendono il cuore del lettore e se lo portano via.

Ma «tu devi avere paura del sole, del vento e della pietra: del sole che acceca, del vento che spinge, della pietra che uccide» racconta nonna Dora. Sono gli elementi della natura sarda, presenti dalla preistoria e che rimarranno fino a ben oltre la durata dell'uomo, che rappresenta solo un piccolo intermezzo nella forza di questi elementi. Ma come si fa a non averci a che fare? È impossibile, è come smettere di respirare.

Ma nonna Dora dice anche «Da ciò che temi non avrai scampo», come non avrà scampo il lettore ammaliato dalla scrittura di Mauro Tetti, rapito dalla melodia come da quel vento che investe la sua terra, stregato dal suono come se la lettura fosse una formula magica che priva il lettore della sua volontà, del suo essere altro e altrove rispetto al romanzo.

Anche sulla lingua utilizzata c'è uno studio e un lavoro accuratissimo, una scrittura, sicuramente numerosi rimaneggiamenti e riscritture  per tradurre il romanzo dal sardo, per conservarne il suono, i significati, i modi di dire e la bellezza nell'accostamento di parole che generano una canzone.

Leggere A pietre rovesciate è un po' come farsi accecare dal sole, spingere dal vento, uccidere dalla pietra. Ma che beltà poter guardare questo romanzo dritto negli occhi, così come i sardi, popolo fiero e antico, guardano in faccia il loro dolore.

 

Elena Zucconi (Libreria Les Bouquinistes)

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